Referendum, dai 5 Stelle alle parti sociali, le ragioni del No

Togliere autonomia ai territori per centralizzare di nuovo nelle mani dello Stato tutta una serie di materie sarà un danno, anche per il turismo. È questa, in estrema sintesi, la posizione dei sostenitori del no al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre, che viene espressa da una compagine abbastanza trasversale di forze politiche e sociali.

Primi interpreti di questo pensiero sono Luigi Di Maio, del MoVimento 5 stelle e Matteo Salvini della Lega Nord. “Noi pensiamo che i cittadini di un territorio debbano mantenere la loro sovranità. Con la clausola di supremazia, che noi chiamiamo di sottomissione, il governo può imporre di tutto a un territorio, senza tenere in considerazione non solo i cittadini, ma anche le istituzioni a loro più vicine come Regioni e Comuni” dice chiaramente Di Maio.

Stesso concetto per Salvini, strenuo difensore del federalismo: “La centralizzazione di tutte le autonomie locali è l’elemento più grave di questa riforma”.

Ma a schierarsi contro la riforma costituzionale sono anche Anpi, Cgil e Arci, che in un appello chiedono ai cittadini “un voto consapevole e responsabile. Modifiche sbagliate e destinate a non funzionare, così come lo stravolgimento del sistema ideato dai Costituenti, avrebbero effetti imprevedibili e disastrosi per l'equilibrio dei poteri, per la rappresentanza, per l'esercizio della sovranità popolare, in sostanza per la stessa democrazia”.

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