Cercare lavoro su LinkedIn, dieci parole da non inserire nel profilo

Sono le cosiddette “buzzword”, cioè le parole che usano tutti, tanto inflazionate da comparire nella top ten dei termini più ricorrenti nei milioni di profili LinkedIn. Suonano bene ma, si legge su Event Report, proprio perché così diffuse, risultano spesso banali e scontate, impedendo a chi le usa di distinguersi e a chi le legge di farsi un’idea accurata della persona che descrivono.

Il senso della lista di parole inflazionate
Ed è proprio con l’obiettivo di guidare i propri iscritti a un personal branding più efficace che LinkedIn pubblica a ogni inizio d’anno (periodo in cui tradizionalmente gli utenti aggiornano il proprio profilo) la lista dei termini più usati e abusati a livello globale e per singolo paese, quelli cioè che è consigliato evitare se ci si vuole presentare ai potenziali datori di lavoro in modo non scontato. Ma il senso dell’operazione è anche un altro: la lista delle parole più inflazionate è un po’ la cartina tornasole della cultura lavorativa di ciascun paese e riflette ciò che milioni di utenti pensano siano le competenze e qualità più apprezzate dai datori di lavoro nell’attuale situazione di mercato.

I 10 termini più usati dagli italiani e la scomparsa della creatività
In Italia il termine in assoluto più ricorrente negli oltre 10 milioni di profili è “specializzato”, che entra per la prima volta in classifica e indica come le persone cerchino di fare emergere le proprie competenze professionali relative a temi specifici, a conferma della necessità di distinguersi in un mercato del lavoro non più appetibile per le competenze generiche. Al secondo posto “leadership”, che significa tutto e niente ma che vuole suggerire autorevolezza, e al terzo “strategico”, termine anche questo un po’ vago e poco concreto. Seguono “concentrato”, “esperto”, “appassionato”, “responsabile”, “innovativo”, “con esperienza” e “master”, quest’ultimo utilizzato ormai come competenza e non più come titolo di studio. Colpisce, sottolinea LinkedIn, come nel paese natale di Leonardo, Michelangelo e Dante il termine “creativo” non compaia più fra i primi dieci, mentre solo l’anno scorso aveva il quarto posto. Ulteriore segnale di un mercato del lavoro ormai disincantato, dice il social, che cerca soluzioni nel contesto specialistico tralasciando le caratteristiche soggettive che fanno la differenza, come appunto la creatività.

I 10 termini più usati nel mondo e la ricerca di concretezza
La creatività del resto sembra essere passata di moda anche a livello internazionale, dove scende al nono posto. Anche sul totale dei profili dei 460 milioni di utenti LinkedIn nel mondo i primi due termini più usati risultano essere “specializzato” e “leadership”, seguiti da “appassionato”, “strategico”, “con esperienza”, “concentrato”, “esperto”, “certificato”, “creativo” ed “eccellente”. E se “specializzato” entra per la prima volta nella top ten, anche “con esperienza” e “certificato” sono new entry, capaci di far scendere in graduatoria parole come “motivato” e “creativo” che l’anno scorso si trovavano sul podio. Spostamenti che sottolineano come il mercato del lavoro stia cercando sempre più di orientarsi verso professionisti altamente qualificati, affidabili e con visione strategica, ma che, forse proprio per questo, risultano essere un po’ meno “creativi”.

Le regole d’oro degli aggettivi contrari e degli esempi reali
Resta il fatto che molte di queste parole appaiono quasi scontate. Chi vorrebbe assumere infatti qualcuno che si definisce “distratto”, “irresponsabile”, “inesperto” o “convenzionale”? L’efficacia degli aggettivi si misura sul loro contrario: quanto più è improbabile in un curriculum tanto più l’aggettivo di partenza risulta scontato. E poi un’altra regola d’oro: mostrare è meglio di dire. Il personal branding fatto attraverso i profili LinkedIn risulta tanto più efficace se agli aggettivi si aggiungono (o sostituiscono) esempi reali del proprio lavoro che mostrano come questi aggettivi si sono tradotti in risultati concreti. Caricando una presentazione o un progetto, per esempio, oppure indicando quali strategie si sono ideate e dove hanno portato l’azienda, o ancora raccontando – se si è "innovativi" – un'innovazione che si è apportata nel proprio lavoro. Dichiarare “eccellenza” professionale non significa niente. Meglio raccontarla concretamente, quell’eccellenza, e lasciare a chi legge la facoltà di decidere quali aggettivi attribuirvi.

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