La reazione di Booking.com

Non sono felici, ma non dissotterrano neppure l’ascia di guerra. O forse sì.

Dopo il voto della Camera, le Ota devono ‘ristrutturare’ la loro presenza sul mercato italiano. A parlare per primo Booking.com, che con i suoi 7 milioni di prenotazioni l’anno solo in Italia è sicuramente un colosso, e che proprio per questo è stato il più preso nell’occhio del ciclone.

“Togliere questa clausola – dice Andrea D’Amico, country manager di Booking.com, in  un’intervista a La Stampa – non porterà benefici né per i clienti né per le imprese”.
Booking sottolinea che il loro lavoro è importante soprattutto per le piccole e medie strutture alle quali offrono servizi e visibilità: “Se venisse a mancare un ritorno per noi – dice D’Amico – potrebbe non essere conveniente investire in questi servizi”.

Non una minaccia, precisa il manager, ma un semplice constatazione. “Se gli hotel cominceranno a non darci più le tariffe migliori, vedremo che conseguenze economiche ci saranno per la nostra azienda. Se tutto dovesse andare bene, cosa che tra l’altro mi auguro, ovviamente non cambierà nulla”.

Esclusa categoricamente l’ipotesi di andarsene dall’Italia: “È una cosa assurda – dice D’Amico -. Siamo un’azienda quotata al Nasdaq, mica agiamo sulla base di ripicche”.

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