Josep Ejarque: "Turismofobia, il rischio dell’Italia"

I grandi flussi turistici dello scorso anno e la prospettiva del ‘bis’ con cui si apre quest’estate stanno conducendo grandi città d’arte e aree particolarmente gettonate dai visitatori verso una deriva pericolosa, quella della ‘turismofobia’ e dello scontro fra residenti e viaggiatori.

Una questione che da più parti si sta cercando di affrontare, e sulla quale si esprime anche Josep Ejarque, amministratore unico di Four Tourism, che su Destinations and Tourism, la rivista di destination management e marketing turistico, propone delle soluzioni alternative ai ticket e al numero chiuso.

“La verità – scrive Ejarque - è che la situazione che stiamo vivendo non è altro che il risultato della mancanza di strategia e gestione nelle destinazioni italiane. Da noi infatti, non sono mai esistiti meccanismi di gestione dei flussi turistici, e molto spesso il turismo risponde ad un modello di volume, e non di qualità dei volumi. L’empasse nella quale ci troviamo vede da un lato l’aumento dei volumi di arrivi dei turisti, soprattutto internazionali, ma dall’altro non vede incrementare la spesa media né le entrate generate dal turismo”.

Il tema è che il turismo, in Italia, cresce nei numeri, ma non nella spesa. E non è solo una questione di target di visitatori a cui rivolgersi, ma un circolo vizioso che impone alle destinazioni di abbassare i prezzi. “Alcune zone della Sardegna si trovano in questa situazione, come la Liguria e anche il Salento. Forse per la loro particolarità non è ancora un casus, ma la perdita di attrattività di alcune destinazioni in Sicilia, in Toscana o anche nelle Cinque Terre, può far diminuire il loro valore, e con la discesa del valore si entra in una logica di riduzione dei prezzi da parte degli operatori per poter mantenere, con più arrivi, gli stessi margini. In questo modo si entra in un circolo vizioso che provoca peggiore attrattività”.

Quali soluzioni, allora, se è vero che il numero chiuso non è praticabile. “E’ perfettamente inutile l’idea della decongestione di mete troppo gettonate con percorsi alternativi. Un tour operator internazionale continuerà a vendere tali mete gettonate, proprio perché sono quelle che interessano maggiormente i turisti e dove il tour operator fa più business – scrive ancora Ejarque -. Non serve promuovere tutto il territorio né affrontare l’approccio frammentato che si è tenuto finora poiché il mercato e i flussi turistici funzionano in un altro modo: serve gestione dei flussi turistici, capacità e disponibilità, che è tutt’altra cosa. Quello che serve in Italia sono Piani di Destination Management, come quelli britannici, paese molto meno turistico rispetto all’Italia eppure già fattivo di questi piani”.

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