Un piccolo grande amore

Dopo una fiera turistica a Rio mi avevano programmato un giro dello stato del Minas Gerais. E quindi, mentre i miei compagni partivano verso destinazioni molto più esotiche come l'isola di Fernando de Norohna, Brasilia e Iguazu, a me toccavano antiche miniere e centri minori.

Incuriosita, e sapendo che il Brasile è sempre pronto a sorprenderti, mi aspettavo un viaggio interessante, ma mai avrei pensato di innamorarmi perdutamente.

Di un uomo piccolo, brutto, mulatto, senza le dita delle mani per una malattia; che per lavorare era costretto a farsi legare ai polsi il martello e lo scalpello e, vergognandosi della sua bruttezza, usciva solo di notte per creare i suoi capolavori. Si chiamava Aleijadinho, il piccolo storpio. All'anagrafe Antônio Francisco Lisboa classe 1738, figlio di un architetto portoghese e una schiava nera.

Lo incontrai a Colgonhas do Campo sotto la scalinata della chiesa del Bom Jesus de Matosinhos. Salivo la via crucis che ai lati ha sei piccole cappelle votive contenenti scene della Passioni - stupende sculture in legno scolpite da Aleijadinho. Ma quasi non mi fermavo per ammirarle, nella fretta di arrivare fino allo spettacolo straordinario che avevo davanti agli occhi.

Dodici figure di dimensioni reali che si stagliavano contro un cielo blu cobalto. Dodici profeti in pietra saponaria: baldanzosi, ondeggianti, danzanti, slanciati, severi, altezzosi, magnifici nelle loro pose plastiche. E in quel istante mi innamorai di Aleijadinho

In seguito scoprì le sue bellissime chiese a Sâo Joâo del Rey e Ouro Prêto. Piccole bomboniere, capolavori del genio del barocco brasiliano che mi hanno suscitato emozioni forti, ma mai il trasporto e l'ardore di quel magico primo incontro.

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