Motivazioni e guadagni di un agente di viaggi

Dopo anni di vendita di automobili, culminati con la direzione commerciale di un concessionario, nel 2009 decisi di tornare al mio primo lavoro.
"Quasi quasi apro un'agenzia di viaggi" dissi alla mia compagna, che anziché chiedermi se fossi diventato pazzo, mi appoggiò senza riserve.

Motivare un gruppo di venditori di automobili è compito arduo, ma motivare se stessi a raggiungere il successo è roba da cuori impavidi.

Per anni ho creduto che saper vendere fosse un talento innato, ma oggi sono fermamente convinto che proprio le motivazioni siano alla base del successo e probabilmente anche la causa dell'appiattimento commerciale della maggior parte degli agenti di viaggi, sottopagati e privi di incentivi.

Eppure, a guardar bene stiamo parlando di un mestiere che richiede sia conoscenze tecniche che una certa attitudine commerciale.

Chiedo a te, titolare di agenzia con dipendenti, come tu possa pagare uno stipendio fisso e pretendere che la tua banconista sia motivata a vendere.
E chiedo a te, banconista dipendente, come tu possa accettare uno status in cui le tue vendite non siano legate a obiettivi e premi, accontentandoti di un misero stipendio fisso.

Fermo restando che è universalmente sbagliato assumere venditori a stipendio fisso e che le agenzie sono imprese comunque destinate in futuro alla conduzione familiare, penso, che laddove siano ancora presenti uno o più dipendenti, vada raggiunta, tra titolare e banconista, la quadratura tra la necessità dell'azienda di tornare a crescere e quella del dipendente di avere le opportune motivazioni attraverso una remunerazione meritocratica.

La sopravvivenza dell'impresa (e del posto di lavoro) sono strettamente concatenate a quanto titolare e dipendente sapranno combinare le reciproche esigenze con responsabilità.

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