Tu chiamala, se vuoi, Agenzia…

Lo scorso 6 dicembre Coop ha inaugurato a Milano il supermercato del futuro e Amazon sta presentando un video promozionale sul servizio AmazonGo che inaugura un nuovo modo di fare la spesa al supermercato, senza casse e senza coda.

Se non avete ancora visto il video vale la pena guardarlo. Dice molto di quanto sta accadendo nel retail e non solo.

Il retail è un ambito importante nell’osservazione delle tendenze di consumo. Stiamo parlando di quelli che tradizionalmente venivano chiamati punti vendita; denominazione che oggi risulta perlopiù inadeguata per i nuovi negozi. L’espressione "punto vendita" si riferisce, infatti, a un luogo in cui il rapporto con il cliente si svolge in un spazio-tempo definito e circoscritto, con un preciso inizio (l’entrata nel negozio) e una chiusura (il pagamento/acquisto). Si tratta di un modello in cui il negoziante è il vero protagonista, colui che può muoversi liberamente e proporre la merce, perché ha le competenze per consigliare e rispondere alle richieste del cliente.

Sebbene esistano ancora attività commerciali di questo genere, sono sempre di più i casi che ci segnalano come il retail abbia cambiato, e stia cambiando, profondamente le proprie logiche, sia in Italia sia soprattutto all’estero.

Semplificando, potremmo dire che ci si sta muovendo in due direzioni differenti, sebbene entrambe mettano sempre al centro il cliente come protagonista, non più il venditore o il prodotto.

La prima direzione di tendenza è fortemente orientata alla cura del cliente, si esalta il servizio e la competenza dell’addetto. E’ il caso delle boutique griffate e dei negozi di lusso o di quelli ad alta customizzazione - non parliamo solo di botteghe artigiane, ma anche di negozi specializzati che propongono prodotti unici e personalizzati; come il Bite Beauty Lip Lab di New York: brand iper-specializzato in prodotti naturali per le labbra. Nel punto vendita si crea un percorso coinvolgente per le clienti, offrendo l’opportunità di creare rossetti su misura.

La seconda tendenza è quella di aprirsi a combinazioni (ad esempio compro il cibo e mangio nello stesso luogo, sul modello Eataly) e contaminazioni (Droog, Amsterdam. Negozio di arredamento, caffè e spazio culturale, hotel con una stanza sola). In questi casi il negozio si trasforma da luogo di vendita a spazio di consumo, nel senso più ampio del termine… non solo di prodotti.

Si tratta di ambienti pensati per far vivere al cliente esperienze sensoriali e emotive associate ai prodotti e brand; luoghi che stupiscono, ma soprattutto che offrono contenuti e servizi. E’ il caso ad esempio di Zodio (Rozzano - Milano), spazio concepito come uno luogo da abitare, dove ci si reca per raccogliere idee ed ispirazioni. In omaggio alla logica partecipativa che anima il consumatore contemporaneo, Zodio punta sulla creazione del senso di appartenenza, mettendo a disposizione spazi - tanto fisici quanti virtuali - dove condividere le proprie passioni (laboratori, community delle blogger, co-working e co-passioning), anche a prescindere dall’acquisto. Si incoraggiano logiche di co-creazione (prodotti progettati dai clienti) e si abilitano i consumatori a recensire i prodotti, mentre la carta fedeltà dà diritto a partecipare a vendite private e a momenti fan.  Ma sono davvero molti gli esempi in questa direzione.

Nei nuovi modelli di consumo l’acquisto è solo una parte dell’esperienza che, per assurdo, potrebbe anche non avvenire in quel luogo, ma essere rimandato al virtuale, al web.

Ciò che invece diventa centrale è nutrire e curare la relazione con il cliente (reale e potenziale).

La vendita ha dunque cambiato i propri parametri:
• il tempo della vendita: non è più evento circoscritto, ma una strategia di relazione "durativa";
• lo spazio di vendita diventa spazio di consumo: non più luogo chiuso e definito, ma è luogo aperto e multidimensionale; si pensi alla forte interazione tra virtuale e luoghi fisici.

Tutto questo non è futuro o qualcosa che riguarda pochi, ma è una realtà esistente oggi: all'interno della Metropolitana di Loreto, Carrefour che ha creato un "wall" digitale lungo 200 metri che conta più di 1.000 referenze del supermercato ed è situato. Da questo spazio (primo Spazio Interattivo Visual realizzato in Italia) i viaggiatori possono iniziare la propria spesa e proseguire online.

Potremmo dire che il supermercato esce dal supermercato. E nel turismo? Sicuramente si possono individuare casi che perseguono la strada di proporre ai clienti un ambiente diverso, familiare, offrendo contenuti e servizio; come l’agenzia Club Med al primo piano, ma ci sono anche casi di realtà più piccole, meno note. Altre agenzie hanno creato spazi per la consultazione di libri e riviste o proposte di serate a tema, mostre ed eventi culturali in genere. Ci sono anche tentativi di "contaminazione", ampliando l’offerta con prodotti associati al viaggio (attrezzature, guide o cibo).

Eppure c’è qualcosa che ci fa dire che i nuovi modelli di consumo non sono stati ancora ben assorbiti ed elaborati nel settore turistico: quanto ancora si parla di virtuale come antagonista della vendita classica sul luogo fisico, quanto, di fatto, il rapporto con il cliente permane quello tipico da "punto vendita" tradizionale… Sarà mica - come si diceva in una passata edizione di TTG Forum -, forse, che bisognerebbe cominciare a non chiamarla più Agenzia?

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