The sound of silence

Non mi è bastato osservare, per poi archiviare semplicisticamente come piacevole ed eccentrico, il promofilmato 'Sounds of paragliding' che il giovanissimo Théo De Blic ha ultimamente travasato sul web.

Non mi è bastato perché quella dell’imberbe paraglider potrebbe trasformarsi in un’idea vantaggiosamente sfruttabile da entità turistiche di varia gamma. Semplicemente (si fa per dire) facendo leva sulle sensazioni evocate dai rumori ‘in presa diretta’. De Blic propone quelli del volo, ma potrebbero essere quelli percepiti durante una nuotata, una cavalcata, una passeggiata, oppure nel corso di una visita a un centro termale, a un parco naturale o di divertimenti.

Funzionerebbe? L’ho chiesto a Maria Grazia Turri economista esperta in neuroscienze, che garantisce il risultato basandosi su saldi quanto affascinanti riscontri oggettivi.

“Le neuroscienze – dice –, hanno dimostrato attraverso il functional brain imaging che quando ascoltiamo musica e suoni, praticamente l’intero cervello è coinvolto”.
E spiega anche perché. “Milioni di anni fa, quando il nostro pianeta era giovane e dell’essere umano ancora non vi era traccia, la musica della natura fatta di suoni, ritmi, melodie, armonie e timbri esisteva già. Ed è su questa che l’uomo ha modellato prima la propria voce, nel tentativo di imitare il grido degli animali da catturare, poi gli strumenti musicali. I rumori naturali rappresentano insomma il mattone fondamentale delle emozioni e della fantasia, poiché attivano le aree cerebrali  più profonde, che nel processo evolutivo umano hanno dato origine alla sensibilità armonica e melodica”.
E queste aree – dettaglio importantissimo - sono quelle che consentono la memorizzazione emotiva più efficace.

Ciò premesso, va sottolineato che quanto dice Turri non deve trasformarsi in una scusa per imboccare scorciatoie narrative risolvibili con banali e disordinati assemblaggi di rumori.
Lo storytelling acustico deve al contrario essere pianificato come una qualsiasi altra forma di scrittura e organizzato secondo le regole del giusto equilibrio tra spazi scritti, cioè i rumori, e spazi bianchi, cioè i silenzi. Perché i secondi sono importanti almeno quanto i primi.

Affinché il rumore arrivi all’anima – ci ricorda infatti - deve essere intervallato dal silenzio. Che non è assenza di suono, ma pausa che agevola l’ascolto.

Rafforzando la potenza del messaggio.

twitter @paolaviron

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