Benché calva, per viaggiare usiamo la testa

Secondo la definizione ufficiale della World Tourism Organization, per fare turismo devono esserci “uno spostamento dal luogo diverso dalla propria abituale residenza” e “per lo meno un pernottamento” fuori casa.

Dunque, anche chi si allontana per soggiorni chirurgici finalizzati al rinfoltimento della chioma, merita il patentino di turista e apre la strada a una nuova nicchia di utenza, quella del “turismo della calvizie”.

Secondo il Sitri - la Società Italiana di Tricologia - il fenomeno è in rapida espansione e sarebbe esploso a inizio decennio, complice il dilagare di cliniche che sul web promettono allettanti soluzioni per risvegliare i follicoli.  

Fatto il prodotto, trovato l’inganno. Gli specialisti del Sitri mettono infatti in guardia agenzie di viaggi e viaggiatori su “siti-truffa e trappole commerciali che promuovono trapianti di capelli all’estero comprensivi di viaggio, vitto e alloggio per due persone, e miracoli di bellezza a costi bassissimi, intorno ai 2000 euro o poco più, trattando l’autotrapianto e la salute dei cittadini alla stregua di un ordinario pacchetto vacanze”.

A loro detta, la cifra non coprirebbe in realtà neppure il costo dell’équipe medica, che dovrebbe comporsi di almeno sei persone: medico chirurgo, anestesista e 4 infermieri specializzati.
Questo fa sì che i ‘turisti della calvizie’, una volta giunti a destinazione, si trovino a versare sostanziosi extra per portare a termine i trattamenti, oppure si vedano costretti a successivi cicli di cure – spesso inefficaci – che li costringono a compiere nuovi viaggi e ad affrontare nuove spese.

Secondo le statistiche Sitri, quest’ultima sarebbe una prassi ricorrente in alcune strutture svizzere molto pubblicizzate sul web, mentre Turchia, Paesi Arabi e Nord Africa procederebbero direttamente agli interventi “con risultati - spiegano - disastrosi che, una volta rientrati in Italia, richiedono operazioni correttive di ripristino dei danni subiti, recuperabili peraltro solo in minima parte”. La banca dati Sitri rileva che questo sarebbe accaduto negli ultimi cinque anni a una media di tre pazienti su dieci.

Quella tricologica non è che una delle tantissime propaggini del turismo medico, che secondo le statistiche dell’Italian Association for Medical Tourism Development, nel 2017 metterà in movimento 15 milioni di persone. A ciascuna di esse e ai consulenti di viaggio che li supporteranno va la raccomandazione di non lasciarsi allettare dalla convenienza del prezzo. Sul fronte tricologico l’indicazione del Sitri è quella di “rivolgersi solo a cliniche medico-chirurgiche autorizzate dalle Asl, onde evitare spiacevoli sorprese”. E – aggiungiamo – nuovi, dolorosi chirurgici grattacapi.

@paolaviron

Ti è piaciuta questa notizia?
Condividi questo articolo
Iscriviti a TTG Report, la nostra Newsletter quotidiana
Più lette
Oggi
Settimana