Perché i grandi t.o. servono sempre (anche quando non li vendiamo)

“Si raccomanda di affidarsi a tour operator, evitando viaggi singoli e/o organizzati da agenzie od operatori non certificati” recita l’avviso della Farnesina relativo alla tragica situazione in Egitto.

Il Mar Rosso sembra starne fuori, al momento, ma sfido qualunque collega a non provare un brivido, al momento di consigliare o meno - oggi - un pacchetto a Sharm o a Marsa Alam.

A tracciare la linea saranno i grandi tour operator: Alpitour e Veratour, Eden e Hotelplan ci diranno “tranquilli, si parte” oppure “stop, è pericoloso”. È sempre stato così, in occasione dei fatti che hanno funestato questo inizio di millennio: l’11 settembre e la Sars, lo tsunami e le ceneri islandesi. Il cliente arriva in agenzia, chiede preoccupato se partire o meno, il riflesso condizionato del buon agente è sempre quello: “guardi, sentiamo il tour operator, loro sapranno senz’altro cosa fare... anzi, si sieda qui, che lo chiamiamo insieme: pronto Alpitour, pronto Hotelplan, pronto Eden, pronto Veratour, voi cosa dite, cosa dobbiamo fare?”.

Perché la posizione di un grande t.o. è considerata affidabile, e poi di chi altri possiamo fidarci?! A leggere gli avvisi della Farnesina, ci sono problemi in mezzo mondo, e i posti veramente sicuri spesso sono a) molto costosi b) molto noiosi. Il t.o. gioca quindi un ruolo fondamentale (quelli bravi lo chiamano “trust”), che però non si trasforma automaticamente in vendite.

Perché appena la situazione torna tranquilla, ci vuole un secondo a cliccare su easyJet (MXP SHS MXP a € 341, il 1 febbraio) e Booking.com (7 giorni HB a € 215 a persona, al Faraana Reef di Sharm), aggiungere transfer e assicurazioni, e ricaricare il tutto di un onesto 20 per cento. Altro che pacchetto organizzato, altro che quote d’iscrizione e supplemento carburante, altro che documenti di viaggio in cambio del bonifico.

Conclusione: i grandi tour operator servono eccome. Solo fino a quando non ne possiamo fare a meno.

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