- 14/04/2017 09:34
Referendum per Alitalia
Un pre-accordo tra azienda e sindacati per salvare Alitalia dal commissariamento. È quanto è stato raggiunto nella notte, a poche ore dalla scadenza della deadline che le banche avevano imposto alla trattativa sulla compagnia aerea, prima di chiudere definitivamente i cordoni della borsa. Ma ora toccherà ai dipendenti decidere se accettare o meno l’intesa, con un referendum previsto per la prossima settimana.
Il tavolo di confronto che ha visto i vertici di Alitalia, le parti sociali e il Governo, con il coinvolgimento di tre ministeri (Trasporti e Infrastrutture, Sviluppo economico e Lavoro) ha dunque portato alla sigla di un pre-accordo che dovrà ora passare al vaglio della consultazione dei dipendenti.
I dettagli del pre-accordo
Il nodo del contendere sinora aveva riguardato il numero degli esuberi (oltre 2mila previsti in prima battuta) e i tagli agli stipendi (-30 per cento circa): nella bozza di intesa ora si parla di una riduzione degli esuberi tra il personale di terra a tempo indeterminato da 1.338 a 980 unità e la riduzione del taglio degli stipendi ridotta all'8%. Ma il verbale di ratifica vedrà la firma solo dopo il referendum tra i lavoratori che avverrà la settimana prossima.
Il ministro ai Trasporti Graziano Delrio si è detto “soddisfatto” della bozza di intesa raggiunta, sottolineando che “è stato fatto tutto il possibile per avvicinare le parti”.
I nodi da sciogliere
Nel verbale, comunque, non si nascondono le condizioni di criticità in cui versa l’azienda: un gruppo di azionisti e finanziatori propone infatti una ripatrimonializzazione della compagnia per circa 2 miliardi di euro, di cui 900 come nuova finanza.
Oltre a questo restano fermi i pilastri del piano di rilancio tracciato dai vertici Az che prevede crescita dei ricavi e una significativa riduzione dei costi di cui circa un terzo riferito al costo del lavoro.
La crescita dei ricavi si prevede venga raggiunta con l’inserimento in flotta di nuovi aerei per il lungo raggio, mentre il contenimento costi passerà dal mantenimento in-house della manutenzione e di altre aree.
Ora la parola passa ai dipendenti, e il ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda lancia un monito, come dichiarato a Radio24: “Se l’operazione dovesse fallire, i costi ricadrebbero tutti sullo Stato e si tratterebbe di oltre 1 miliardo di euro”. R.P.