- 16/05/2016 10:22
Il turismo esperienziale è morto?
Il turismo esperienziale è morto o no? Forse no, anche se tutti cerchiamo di ucciderlo!
Nel mercato turistico attuale tutto viene presentato come una "esperienza turistica". Da quando infatti abbiamo capito che i turisti non vogliono più comprare quello che per anni abbiamo proposto loro e che invece vogliono vivere esperienze ed emozioni indimenticabili, memorabili e coinvolgenti, da veri protagonisti, abbiamo pensato bene di accontentarli, trasformando tutto in esperienze. Peccato che la trasformazione sia avvenuta solo in termini di comunicazione e non nella sostanza!
Basta guardare un po' in rete per accorgersene: ci sono alberghi che vendono la semplice camera come "esperienza unica" o destinazioni che propongono il classico tour guidato, oppure la visita al museo come "esperienza indimenticabile".
La verità è che la parola "esperienza" ormai è diventata quasi uno slogan obbligatorio per qualunque proposta turistica, anche se in pratica di esperienziale non ha nulla. Oggi non c'è prodotto, servizio o pacchetto che non venga venduto come "esperienza memorabile". Ma cosa c’è di veramente memorabile in un pacchetto week end in hotel con cena romantica e magari spa? Oppure in un walking tour in una città? Oppure ancora in una vacanza, hotel più spiaggia? Nulla rispetto a prima, solo che adesso ci siamo fatti furbi e abbiamo inserito la parola "esperienza" nelle brochure, sul sito e anche sui canali social.
Senza dubbio, una cosa è vera: i turisti oggi vogliono autenticità. Ma la verità è che noi non siamo in grado di offrirgliela: vogliono e chiedono esperienze ma noi continuiamo a proporre loro le stesse soluzioni di sempre, tentando di camuffarle. Abbiamo abusato di questo termine nel disperato tentativo di differenziarci rispetto ai competitor e di ottenere visibilità sui motori di ricerca.
Ma di fatto bastava fare un piccolo sforzo in più per confezionare un’esperienza vera, ossia bastava adottare la prospettiva del turista, mettersi nella sua ottica. È a lui infatti che deve piacere ed è lui che deve provare emozioni nuove ed indimenticabili. Per soddisfare la richiesta di autenticità del mercato non è infatti pensabile proporre le stesse soluzioni di sempre, camuffate con un altro nome, avendo la presunzione che sia il turista a doversi adeguare a quello che noi gli offriamo. Se infatti non gli proponiamo qualcosa di inedito o di originale come pensiamo di poter generare in lui un ricordo indimenticabile? Ed ecco che quindi abbiamo già fallito, in quanto non siamo stati in grado di fare vivere loro un’esperienza autentica.
E il peggio è che i turisti lo sentiranno e quando lo condivideranno sui social media lo faranno senza particolare interesse né entusiasmo e sicuramente senza raccomandarlo a nessuno. Insomma, se va bene, senza infamia e senza gloria! E il risultato sarà la diffusione tra gli utenti ed in rete di un bel sentiment neutro….il peggio!
Quindi, ciò che dobbiamo imparare per avere successo nella creazione di prodotti e proposte turistiche, sia come destinazioni sia come operatori, è che il punto di partenza non siamo più noi ma il turista, con i suoi desideri e con le sue aspettative. Perché oggi il turismo si muove, vive ed opera nell'economia della raccomandazione.
Ma non solo: il turista oggi non accetta più di acquistare qualcosa che poi di fatto non corrisponda a quanto promesso. E non a caso, l’Italia, benché presenti trend positivi, cresce molto lentamente ed è scivolata al settimo posto nella top ten dei Paesi per ricavi, ossia per entrate valutarie (fonte, World Tourism Barometer).
E sicuramente non risolveremo questa situazione facendo più promozione né inventandoci nuove campagne social, come #azzurro o #ciaone.
Josep Ejarque