- 06/06/2016 16:12
All'incoming, alle destinazioni e agli operatori piace la legge dell'imbuto
Una delle caratteristiche del settore turistico italiano, che ne definisce tanto le performance quanto la struttura, è la sua innata difficoltà a confrontarsi con il mercato.
Ne sono un chiaro esempio le esperienze turistiche. Da quando infatti il settore ha compreso che oggi i turisti non vogliono più solo un servizio, ma un’esperienza completa, ha subito provveduto, trasformando i prodotti turistici tradizionali, quelli di sempre, in esperienze turistiche, dalla semplice notte in albergo al pranzo, passando per qualsiasi attività.
Ma in realtà si è dimenticato di un fattore essenziale, ossia che le esperienze turistiche si producono nel territorio. È infatti nella destinazione, con le sue risorse e attrattive, ovviamente adeguatamente strutturate e con i servizi pensati ed orientati ad hoc, che si crea e confeziona la potenziale esperienza. Non sulla carta, cambiando solo il nome!
In un mercato saturo, dove la distribuzione turistica è in mano a grandi player, con costi di commercializzazione elevati per gli operatori - che tuttavia grazie ad intelligenti azioni seo e sem sono riusciti a guadagnarsi ugualmente le prime posizioni nei motori di ricerca - l'unica occasione per ottenere visibilità e per accedere al mercato per le destinazioni e per gli operatori è proprio quella di fare leva sulle esperienze che i turisti potranno vivere sul territorio.
Ma pochi lo hanno capito e ancora meno sono quelli che lo hanno messo in pratica. Il settore ha continuato e continua infatti ad adottare la visione 'classica', vecchia e ormai superata di prodotto, perdendo un’altra occasione per essere in linea con il mercato e per dimostrare di avere una personalità propria.
Partiamo della premessa che un turista che cerca un prodotto, in realtà sta cercando un’esperienza. Certo sono importanti gli alberghi o i servizi in generale, ma quello che conta è riuscire a soddisfare quello che il turista ha in mente di fare. Ma non è così automatico e basta guardare la maggioranza dei portali turistici delle destinazioni, dove si continua a perdere tempo a descrivere il territorio, inserendo informazioni e dati, ma senza minimamente illustrare quello che realmente si può fare, dove, come e quando.
Le Ota e i grandi operatori online invece hanno capito e si sono mossi di conseguenza: hanno chiuso il cerchio, stringendo le catene attorno agli operatori e alle destinazioni. Hanno capito che, se vogliono vendere, non possono farlo soltanto con un prodotto (una camera d'albergo, un biglietto aereo o ferroviario, un pacchetto, ecc) perché il turista oggi vuole un’esperienza. E se finora i contenuti sulle destinazioni pubblicati da questi operatori sui portali avevano fondamentalmente un obiettivo seo adesso non è più così. Perché hanno capito e così i contenuti di destinazione hanno bypassato il seo per diventare il prodotto stesso da vendere.
L’esempio di AirBnb è lampante. La comunicazione verso i clienti è incentrata totalmente sull’esperienza che essi potranno vivere nella destinazione. Cosa fare? Cosa vedere? Come? Quando? Airbnb addirittura va ancora più lontano, proponendo anche visite guidate.
Il suo marketing non è più orientato a vendere la camera o l'appartamento in sé; per riuscirvi, ossia per vendere le camere, fa leva sulla destinazione. E non solo: anche Booking, ha fatto un colpo grosso, con 'Booking passion search' associato al suo 'Destination finder'. Anche in questo caso è evidente che Booking ha capito che il binomio passione e destinazione è assolutamente vincente.
A questo punto, il prossimo passo sarà proprio offrire ai turisti la possibilità di prenotare le attività e allora sì che si sarà definitivamente chiuso il cerchio.
Ma non si tratta di casi isolati o estemporanei: anche le grandi catene alberghiere, come Accor Hotels, Nh, Hilton e altre ancora, lo hanno capito, e nel momento in cui tentano di sedurre e ispirare il cliente a prenotare, puntano sulla destinazione più che sulle proprie strutture presenti sul territorio.
In questo senso, ce la dice lunga anche Google che ha lanciato Google Destination, anche se per il momento è disponibile soltanto nella versione mobile. È sufficiente inserire nel motore di ricerca il nome della destinazione e automaticamente appare una vera e propria guida di viaggio, che suggerisce cosa fare, come, dove e con chi.
In sintesi, i contenuti informativi e i prodotti si sono quindi fusi in una logica turistica, sulla base delle ricerche dei turisti, per fornire loro ispirazioni. Google si sta trasformando nell'ufficio d'informazione ed accoglienza turistica del mondo, forse prendendo il posto di quelle destinazioni che invece continuano ad essere statiche e attaccate a un approccio burocratico piuttosto che di mercato e innovativo.
Può questo davvero rappresentare una minaccia? Forse sì o forse no: dipenderà da come di fatto reagiranno le destinazioni.
Quello che ormai è certo è che lo spazio per il settore turistico italiano è sempre più ridotto.
Ci lamentiamo che non abbiamo un incoming forte né grandi operatori: ma ormai forse non sono neanche più necessari.
Quello che potevamo fare, ossia vendere da soli il prodotto-esperienziale, le attività e le destinazioni, non siamo stati in grado o non abbiamo voluto farlo. In conseguenza, è inutile lamentarsi.
E la legge del 'funnel' o meglio dell’imbuto al quale sembra che siamo abbonati.