- 04/09/2024 11:43
Perché la ripresa del turismo in Italia è stata così veloce
“Dopo la pandemia, le stime indicavano che solo nel 2028 il traffico aereo sarebbe tornato ai livelli del 2019: invece nel 2024 abbiamo già superato quei valori” dichiara il presidente Enac Pierluigi Di Palma. “Solo a giugno 2024 gli aeroporti italiani hanno registrato 21,5 milioni di passeggeri, più dei 21,2 milioni di luglio e dei 21,3 milioni di agosto 2023”.
Basterebbe questo a testimoniare la poderosa ripresa del turismo domestico, in un’estate segnata dall’overtourism che - solo quattro anni fa, in piena pandemia - si preconizzava fosse un fenomeno del passato.
Provo a spiegare - con le inevitabili semplificazioni - sei motivi per i quali la ripresa del turismo nostrano è stata così vigorosa:
1. Effetto mitridatizzazione, le disgrazie si dimenticano facilmente
C’è chi lo fa risalire all’11 settembre, chi alla prima guerra del Golfo del 1991, ma il fenomeno è comunque globalmente conclamato da decenni. È sempre più breve il tempo necessario a far sì che un evento catastrofico (una strage, uno tsunami, una guerra) venga dimenticato e si torni a viaggiare dove - solo poco tempo prima - c’erano macerie o soldati. Il Vietnam del conflitto terminato nel 1975 con la caduta di Saigon e la Cambogia del genocidio di Pol Pot (un milione e mezzo di morti tra il 1975 e il 1979) hanno impiegato non anni, ma decenni, per tornare a essere destinazioni turistiche accessibili. Fatte le debite proporzioni, non ci sono voluti più di tre o quattro anni per far tornare turisti in Cina, ovvero dove nel 2019/2020 era scoppiato il Covid-19. A Roma e a Venezia erano già tornati nel 2020.
2. L’Italia è un Paese molto sicuro, rispetto a tanti altri
È un tema del quale si parla poco, magari anche per scaramanzia (“Non ci è successo nulla fino ad ora, speriamo bene...”), ma che il nostro sia un luogo dove la sicurezza personale è più alta che altrove è un fatto notorio. Senza scomodare i dolorosi conflitti in Ucraina e in Medio Oriente, episodi di violenza o aggressioni - a sfondo religioso o meno - nei confronti di cittadini inermi da noi sono effettivamente rari. Lo sanno gli americani, sempre sensibili alla questione, che da due estati hanno letteralmente invaso il Bel Paese.
3. Hotel, ristoranti, trasporti, shopping: tutto costa meno che all’estero
So che affermare che vivere in Italia costa poco scatenerà i soliti leoni da tastiera, quindi mi limito a pochi esempi. Un buon caffè espresso costa ancora poco più di 1 euro, a Lugano (un’ora di treno da dove abito) una ciofeca costa quattro volte di più. Per un’apericena (ovvero bere e mangiare a buffet) sui Navigli o a Trastevere si spendono 10 euro o poco più; con quella cifra, a Berlino ci bevi una birra e a Parigi un Pastis con quattro olive. Una ventina di giorni prima, un Milano-Roma in Freccia Rossa o Italo si trova a 29 euro; un ICE da Monaco a Berlino, sulle disastrate ferrovie tedesche, costa già € 99,99. Glisso sui 32.425 alberghi censiti da ISTAT nel 2022, ma tolto il 2% (il due per cento!) di hotel 5 stelle, sapete tutti quanto si spende per un buon 4 stelle in una località di mare, Ferragosto escluso.
4. L’overtourism è un problema solo per pochi
Lasciate perdere le manifestazioni contro i turisti che i media agostani (in mancanza di meglio) ci hanno mostrato: se a Barcellona o alle Canarie ci sono vere e proprie sommosse sociali, da noi è poca cosa. Certo, a Firenze gli Airbnb hanno cacciato i locali dal centro storico (peraltro grande quanto l’area che a Milano va dal Castello a San Babila...) e anche Roma e Venezia subiscono la gentrificazione, ma prendete Bologna e Napoli: i turisti che oggi le riempiono e lasciano un bel po’ di denaro in loco sono una manna, per l’economia locale, quando solo cinque anni fa (non dieci o venti, cinque) Bologna era una semplice sosta sulla tratta Roma - Milano e a Napoli si passava per prendere l’aliscafo per Capri o imbarcarsi per una crociera.
5. La filiera turistica, dai trasporti agli alberghi alle agenzie di viaggi, ha resistito
Hanno sbagliato i profeti di sventura che - di fronte al lockdown del 2020 - dichiaravano la fine degli aerei e degli aeroporti, degli alberghi e dei campeggi, dei tour operator e delle agenzie di viaggi. Tutti a casa a fare binge-watching su Netflix e viaggi solo virtuali sul metaverso di Zuckerberg (quello effettivamente è fallito, da allora...). Duemila agenzie di viaggi han chiuso, svariate centinaia di hotel a due e tre stelle non hanno riaperto, ma la filiera, nel suo insieme, ha tenuto. E la temuta fuga di addetti e manager turistici verso altri lidi (finanza, digitale, logistica) alla fine è stata un fuoco di paglia.
6. Nessuno accoglie il turista meglio di noi italiani
Ecco cosa ne pensa Howard Shultz, il fondatore di Starbucks (38mila caffetterie in 86 Paesi): “The Barista is highly trained and very skilled. He presents each cup of espresso with great care and pride after intently watching the pour of the shot. He steams the milk as an artisan to produce a velvety foam, and from time to time, truly elevates his work to ‘art’”. Il barista italiano “eleva il suo lavoro ad arte” osserva affascinato il più grande venditore di caffè al mondo. L’accoglienza, quella naturale e spontanea, quella che origina dalla nostra storia e dalla nostra cultura, per la quale l’ospite è sacro e va accolto con un sorriso (naturale e spontaneo, eh, non stampato sulla faccia) non ha eguali al mondo.