- 09/12/2022 17:00
Caffè direttoreAfrican Explorer ‘Sempre l’anima da esploratori’
Fedele alla linea, senza mai lasciare il continente. African Explorer festeggia i 50 anni di attività con il cuore e la programmazione ben piantata dentro il cuore dell’Africa. Alessandro Simonetti, amministratore unico dell’azienda, torna indietro con i ricordi e il suo sguardo rivela qualche attimo di commozione vera quando cita il padre Francesco, fondatore di African.
Simonetti, 50 anni di attività. Ancora e sempre Africa?
Siamo fedeli anche se dopo il 2014 abbiamo deciso di metterci in gioco anche sull’Oceano indiano (per esempio) con World Explorer. In fondo era meglio in qualche modo suddividere i rischi di impresa su mercati molto diversi.
Come sta African Explorer al 50esimo anno di attività?
Siamo in forma come un 50enne capace di affrontare nuove esperienze. Abbiamo fatto innovazione nelle ultime stagioni, un po' per stare al passo con i cambiamenti e in parte per rispondere a tutti i noti eventi che hanno praticamente travolto la nostra industria.
Però dopo Ebola nel 2014 siete stati costretti a cercare qualche altra via.
Con Ebola sembrava tutto finito e ci siamo fatti mille domande. Poi abbiamo creato e affiancato il progetto su Oceano Indiano e poche altre mete. Mantenendo sempre ovunque la nostra anima da esploratore che affronta il viaggio con curiosità. Non vogliamo dire che esploratore significhi scomodo, ma se serve anche.
Nell’esercizio ’22 siete riusciti a riportare il fatturato sulla linea del 2019?
Abbiamo fatto un grande sforzo per chiudere con un fatturato di 7,5 milioni. Sostanzialmente come nel 2019. Con la pandemia di Covid abbiamo dovuto rinunciare a qualche risorsa per una serie di motivi e oggi abbiamo 13 dipendenti. Con questo gruppo conto di arrivare finalmente a un fatturato di 10 milioni di euro nel prossimo esercizio. Chiaro che si devono verificare una serie di condizioni positive. Ma di condizioni negative abbiamo già fatto il pieno direi…
L’Africa resta però una metà elitaria con tariffe medie elevate. Quanto è difficile operare su questo mercato?
Potrebbe sembrare una meta elitaria per la voce costi. Ma un esploratore in molti casi è disponibile anche a un certo tipo di sistemazione non proprio da first class. Però tutto è legato ai costi di gestione della destinazione. Per i trasporti siamo chiaramente sopra la media.
Da buon esploratore qualche volta si sarà trovato di fronte a strade chiuse. Sente di avere sbagliato in alcune occasioni?
Sì, anche troppe volte (e lo dice con un sorriso aperto n.d.r.). Forse per troppo amore nei confronti delle destinazioni africane. Perché di cuore e sentimento dopo tanti anni sono diventato uno di loro. Adesso però con attenzione, cercando di non ripetere certi errori.
Ricorda ancora il suo primo viaggio vero?
In Kenya con papà. Parliamo del 1972 quando il turismo era un’altra cosa e le aziende collaboravano. In quegli anni ricordo la vicinanza con Franco Rosso. Il Kenya avrebbe potuto crescere ancora come destinazione, ma negli anni ha perso il treno giusto. E comunque lo scriva che il safari più bello si fa sempre in Kenya.