- 08/12/2020 21:01
Recovery Plan: è scontroAssociazioni in rivolta
Il premier Giuseppe Conte ha da poco presentato in Consiglio dei ministri la bozza del Recovery Plan ed è già scontro. Il piano, la cui discussione dovrebbe proseguire oggi, prevede la distribuzione delle risorse europee fra sei obiettivi: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, al quale dovrebbero essere destinati 48,7 miliardi (di cui soli 3,1 miliardi da suddividere fra cultura e turismo); rivoluzione verde e transizione ecologica, 74,3 miliardi; infrastrutture per una mobilità sostenibile 27,7 miliardi; istruzione e ricerca 19,2; parità di genere, coesione territoriale 17,1; 9 miliardi alla salute.
Come sottolineato dal Corriere della Sera, la bozza giunge in seguito al piano finanziario straordinario approvato lo scorso luglio dal Consiglio europeo “Che prevede risorse per 750 miliardi di euro, delle quali 380 a fondo perduto. L’Italia ne sarà il primo beneficiario, con circa 209 miliardi di prestiti e sussidi” ha precisato lo stesso Conte.
Bozza da rivedere
Ma le associazioni di categoria non ci stanno: “L’unica cosa che condividiamo del documento esaminato in Consiglio dei ministri è la parola bozza”tuona il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, “al turismo, settore più colpito della pandemia, che vale più del 13% del Pil e a parole viene definito strategico per lo sviluppo del Paese, viene dedicata scarsa attenzione, con una dotazione finanziaria esigua - 3,1 miliardi di euro per cultura e turismo - pari all’1,6% dei 196 miliardi previsti dal piano, per di più orientata quasi unicamente ai grandi attrattori turistico culturali”. Bocca chiede che “Il piano venga integrato con urgenza prevedendo una linea di intervento volta a sostenere la riqualificazione dell’intero sistema d’offerta turistica”.
Necessario un piano più ampio
A Bocca fanno eco le parole di Maria Carmela Colaiacovo, vice presidente Confindustria Alberghi, che precisa come il solo settore alberghiero nel 2020 abbia già perso oltre 16 miliardi, l’80% del fatturato. “E’ evidente che si tratta di risorse del tutto insufficienti e ben lontane dalle esigenze di uno dei settori di punta dell’economia italiana. In un piano per la ripartenza del Paese ci saremmo aspettati risorse adeguate per il settore che come è ormai chiaro è stato il più colpito dalla crisi. Le aziende che riusciranno a sopravvivere a questa crisi si troveranno nei prossimi anni a combattere con le armi spuntate su un mercato globale sempre più competitivo”. Se non ci sarà un piano forte, strutturato e di medio lungo periodo per accompagnare le aziende e riqualificare il prodotto, “l’Italia sarà destinata a soccombere nel confronto con altri paesi che stanno sostenendo con risorse importanti le loro aziende”.
L’“Ennesima beffa”
Alle proteste si associa anche il richiamo di Federturismo Confindustria. “Ci sentiamo offesi, mortificati e arrabbiati per l’ennesima beffa ai danni dell’industria del turismo italiana ancora una volta relegata al ruolo di Cenerentola dell’economia del Paese” dichiara l’associazione in una nota. “È sinceramente scandaloso come non si percepisca il valore aggiunto che questo settore può dare alla ripartenza del lavoro, dei territori e della stessa produzione industriale. Che a questo punto la si smetta di prenderci in giro e si dica chiaramente ai 60 milioni di visitatori annui che l’industria del turismo non è una priorità per l’Italia”.
Chissà che questa immediata e accorata levata di scudi possa contribuire a far riconsiderare al Governo un provvedimento che, se approvato, potrebbe dare il colpo finale a tante aziende grandi e piccole che avevano sperato in un sostegno ben diverso.