Forse non erano le agenzie di viaggi quelle che dovevano chiudere. Nonostante ciclicamente la profezia di sventura che vede i punti vendita fisici ormai pronti all’estinzione torni ad essere pronunciata da qualche improvvisato futurologo, i fatti stanno dimostrando il contrario. Non solo le agenzie di viaggi sono vive e vegete (e stanno anche riconquistando fette di clientela), ma quelli costretti a rivedere i propri piani sono proprio i colossi del web.
È di pochi giorni fa la notizia che Google Trips non arriverà alla fine dell’estate. Certo, al suo posto arriverà Google Travel, strutturato in maniera diversa. Ma resta il fatto che anche Big G ha dovuto in qualche modo fare marcia indietro. Anche solo per cambiare passo.
Il precedente di Amazon
Ma quello di Mountain View non è il primo caso. Anche l’altro colosso di internet, ovvero Amazon, nel 2015, chiuse il suo Destinations dopo solo 5 mesi. Ora il portale di e commerce più famoso del mondo ci riprova con un test per la vendita dei biglietti aerei. Ma anche lui ha dovuto fare i conti con un settore molto meno semplice di quello che sembra.
Obiettivo: le inserzioni
A questo punto nasce un sospetto: ma veramente a Google & Co. quello che interessa è conquistare i clienti? Big G ha un modello di business basato su diversi fattori; e la vendita di prodotti all’utente finale non rientra certo tra i primari.
Peso ben diverso hanno le inserzioni: una fetta non trascurabile di introiti di Google arriva dalla pubblicità. Ed è proprio lo stesso settore che catalizza gran parte degli investimenti delle Ota principali.
Il pensiero è dunque che Google stia progettando sistemi non tanto per attirare l’attenzione dei viaggiatori, quanto quella di catene e Ota interessate a pubblicizzare le proprie offerte.
Sarà questa la vera rivoluzione dell’online?