Sono la metà di prima, sono più periferiche, ma sono più affidabili e competenti, e questo le salverà nel futuro. È questa, in sintesi, la fotografia scattata dal “Focus sul settore delle Agenzie di viaggio italiane – effetti post pandemia e nuove prospettive”, lo studio a cura di Roberto Gentile per conto di Fiavet finanziato dall’Ente bilaterale nazionale per il Turismo.
Oggi le agenzie in Italia sono circa 7.100, di queste solo un migliaio sono indipendenti, il resto sono associate a reti. Ma è la parabola numerica ad essere interessante. Le adv erano infatti 9.500 prima del Covid, con la pandemia che ne ha fatte sparire circa 1.800, ma nel 2012 avevano toccato il loro apice, quando se ne contavano tra le 12 e le 14mila.
Era il punto massimo di un sistema esploso nel 1996 con la liberalizzazione del settore, che portò neofiti e improvvisati ad entrare nel mondo del turismo, senza un grande futuro. Molti non resistettero e a contribuire alla loro scomparsa ci si misero prima i centri commerciali (da cui sono sparite le agenzie a causa degli alti costi) e poi la desertificazione dei centri storici.
In 10 anni nelle nostre città si sono perse 110mila piccole e medie attività commerciali di varia natura, a favore di ristorazione, alloggi e grandi marchi. Anche le agenzie hanno subito la stessa sorte, e si sono spostate in periferia, in punti più accessibili e in molti casi hanno perso anche il fronte strada, le vetrine.
Nel frattempo, hanno imparato sempre di più a fare i tour operator, tant’è che oggi il volume di affari dei pacchetti turistici in Italia è di 5,2 miliardi di euro, di cui quasi 2 miliardi generati dalle adv.
Chi oggi è sul mercato si confronta quindi con un settore più maturo e con numero più congruo di concorrenti, con sempre meno neofiti che si avvicinano, ma con chi resta che è sempre più preparato e ha acquisito una clientela verso cui mostra competenza e affidabilità.