Rinegoziare i contratti con i fornitori, comprare nuovi aeromobili e portare in house la manutenzione. Sembra essere questa la ricetta per le compagnie aeree europee per poter vincere la competizione globale.
Una ricetta che la società di consulenza McKinsey ha stilato per i vettori full service europei, stretti nella morsa da una parte dagli aggressivi attori del Golfo e dall’altra dagli ancor più arrembanti player low cost e che ha fatto anche da sfondo all’Aviation Festival che si è aperto ieri a Londra.
Tagliare nettamente i costi
Ciò che il big player della consulenza consiglia, in sostanza, è di fare buon uso del tesoretto che le compagnie aeree sono riuscite a mettere da parte nel corso dell’anno, grazie a un ridotto costo del carburante.
Le cifre messe in luce parlano chiaro: a livello di revenue, i dati Iata, ripresi da McKinsey, registrano per il 2015 un totale di 718 miliardi di dollari; di questi 478 sono stati costi operativi, mentre solo 181 miliardi sono stati impiegati per il fuel. Ne deriva che avanzino 59 miliardi che rappresentano un tesoro da sfruttare per i vettori europei, che dopo decenni ritornano ai profitti.
Il Golfo e i profit warning degli europei
Profitti su cui in diversi hanno già emesso il warning: le settimane scorse hanno visto infatti i grandi player dei cieli europei lanciare l’allarme, come Iag, Lufthansa, Air France-Klm.
Una delle principali minacce è innegabilmente quella che arriva dal Golfo. Sulla direttrice Europa-Asia i big europei hanno perso il 22 per cento el mercato, dice McKinsey, mentre i big degli Emirati – Emirates, Etihad, Qatar Airways in primis – hanno raddoppiato il numero di scali europei in cui sono presenti e quadruplicato i posti volo.
La scalata dei low cost
L’altro fattore che sta rimodellando il comparto e sta incidendo sull’andamento economico dei big player dei cieli tradizionali sono proprio le low cost.
E le prospettive che si disegnano non sono meno minacciose, visto che diversi attori del settore a basso costo sono pronti a spiccare il volo su uno dei mercati sinora in mano ai giganti della linea, vale a dire l’intercontinentale. Si veda Norwegian, che ha già pronto il piano per volare dall’Italia verso gli Usa, ma già opera collegamenti transatlantici da altri Paesi Ue; o Wow Air, che collega l’Islanda con la costa atlantica degli States.
Qualcun altro, come Lufthansa, ha pensato di dare vita a una realtà, come Eurowings, capace di operare i collegamenti a lungo raggio, piazzando i propri aerei su bacini strategici come gli Stati Uniti, la Thailandia o gli Emirati.
Ma i competitor low cost, come Ryanair, non hanno mai fatto mistero della propria disponibilità a feederare i vettori tradizionali dalle province remote d’Europa verso i grandi hub del continente.
In uno scenario così complesso l’alternativa è una sola: avere una compagnia aerea che si sappia sostenere con le proprie gambe oppure essere tagliati fuori dalla competizione.