Archivata la fatidica data del 31 ottobre, la corsa di Alitalia contro il tempo non è finita. A incalzare ora è la data del 15 dicembre, ovvero il termine entro il quale la compagnia dovrebbe restituire i 900 milioni (più gli interessi) concessi come prestito ponte. Difficile, in questo momento, pensare che la compagnia possa mettere mano al portafoglio; ma la contromossa del Governo sarebbe già pronta. La prossima settimana, infatti, dovrebbe arrivare la proroga di 6 mesi per la restituzione della somma.
Se il posticipo dovesse andare in porto, la prima data da segnare sul calendario sarebbe il 31 gennaio, secondo quanto affermato dal ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio. In quel giorno, infatti, si chiuderà la due diligence e sarà il momento di tirare le somme per individuare il partner industriale da affiancare alle Ferrovie nella newco.
Il giro di boa
L’ultimo mese di gennaio sarà il vero giro di boa nel piano di cessione: dall’esito della due diligence, infatti, dipenderà l’intero matrimonio Alitalia-Fs. Per il momento, infatti, sarebbe più giusto parlare di un fidanzamento: il buon esito dell’operazione, come messo nero su bianco dalle Ferrovie come condizione necessaria, dipende infatti dall’ingresso in partita di un partner privato.
I nomi in corsa sono quelli già noti da tempo: Lufthansa, easyJet e Delta. Negli ultimi mesi ciascuno dei tre, di volta in volta, è stato indicato come favorito. Ma ora in pole sembra esserci la compagnia aerea americana.
Una volta conclusa la due diligence e l’eventuale accordo, si ripresenterebbe comunque la questione della restituzione del prestito ponte, che a questo punto sarebbe slittata a metà giugno.
Tuttavia, in questo scenario, ci sarebbero ancora due incognite: da un lato l’ipotesi di una conversione in azioni di circa 300 milioni di debito (idea ventilata il mese scorso ma non rientrata nei recenti colloqui a Bruxelles tra Di Maio e il commissario Ue alla concorrenza Margrethe Vestager), dall’altro il pronunciamento dell’Unione europea sul prestito ponte stesso. L’operazione, infatti, era finita nel mirino dell’Europa, che aveva deciso di indagare su possibili aiuti di Stato. E non è da escludere che anche l’eventuale proroga di 6 mesi non vada a incidere sul giudizio.