Tagli, cancellazioni, network rivisto al ribasso. E quindi aerei a terra e piani straordinari di contenimento costi per fare fronte alla più grande emergenza degli ultimi decenni per il trasporto aereo. Misure che stanno coinvolgendo tutti gli attori, in primis quelli europei, compresi i grandi gruppi che fanno la differenza, da Lufthansa a Ryanair, da Air France-Klm a Iag.
Inutile negarlo, si tratta dello scenario peggiore che poteva incontrare Alitalia nei mesi che dovevano essere dedicati all’ennesima ristrutturazione sotto la regia del commissario Giuseppe Leogrande e del direttore generale Giancarlo Zeni. Operazione che doveva concretizzarsi, la scorsa settimana, con la pubblicazione del bando di gara per la vendita della compagnia, probabilmente sotto la formula dello spezzatino con la divisione delle tre unità, aviation, handling e manutenzione.
La situazione
Naturalmente il bando di gara è stato congelato, difficile ipotizzare che in questa fase con i vari problemi urgenti da affrontare esistano soggetti che si lancino in una possibile acquisizione. E la stessa Alitalia deve fare fronte al calo della domanda anche per i propri voli e rivedere frequenze e rotte. Ma per Az c’è ora un problema in più: i 400 milioni del prestito ponte, già sotto inchiesta da parte dell’Unione europea, rischiano di andare in fumo rapidamente e lasciare la compagnia con le casse vuote.
Le ipotesi
Possibili soluzioni? Secondo Milano Finanza si starebbe lavorando al piano B, ovvero la temporanea nazionalizzazione della compagnia attraverso il Ministero dell’Economia, magari puntando a una deroga Ue per cause straordinarie. Il tutto per evitare lo spettro di un fallimento che in questo momento nessuno vuole. Saranno ore e giorni convulsi, un altro aspetto dell’emergenza che l’epidemia in corso, e il panico collettivo, ha generato.