C’è stato un tempo in cui l’idiosincrasia di Ryanair per alcuni elementi del mercato turistico passava solo dalle dichiarazioni pirotecniche di Michael O’Leary. Ma dopo la bufera Covid lo scontro tra la low cost e i suoi nemici storici (intermediazione in generale e tutto ciò che può configurarsi come aiuti di stato) non si è fermato alle parole roboanti, ma si è spostato nei tribunali.
Negli ultimi mesi la low cost ha messo in campo gli avvocati in diversi Paesi d’Europa, qualche volta chiamata in causa, qualche volta invece di sua iniziativa. E con risultati alterni.
La lista dei procedimenti che vede coinvolta la compagnia aerea si è notevolmente allungata negli ultimi mesi. Una lunga serie che è iniziata con l’annosa vicenda del riconoscimento facciale richiesto a tutti i passeggeri che non comprino direttamente attraverso il sito del vettore. Un modo per ostacolare l’intermediazione, affermano lo agenzie; un passaggio indispensabile per riconoscere e offrire assistenza ai passeggeri, ribatte Ryanair.
La questione è arrivata ai tribunali, con Acave, l’associazione iberica delle agenzie di viaggi, che ha intentato una causa proprio contro le procedure di riconoscimento. La battaglia si è conclusa con un punto a favore di Ryanair, a cui il giudice competente ha riconosciuto il diritto di applicare il processo in questione.
Il servizio completo, con il punto sulla situazione giudiziaria che coinvolge il vettore, è disponibile sull'ultimo numero di TTG Magazine, online suylla digital edition.