La tassa di soggiorno in Italia frutta a 622 milioni di euro. Questo il consuntivo 2019 tracciato da Jfc nel suo Osservatorio nazionale sull’imposta: i comuni italiani che applicano il balzello sulle notti trascorse nel loro territorio hanno visto una crescita del 13,7% rispetto agli incassi dell’anno precedente.
A procurare questa crescita, dice Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc, due fattori. Da un lato l’aumento del numero dei comuni che applicano la tassa: nel 2019 sono state 72 le amministrazioni comunali che hanno introdotto ex novo questa imposta; dall’altro una serie di azioni che hanno rimodulato l’imposta nei comuni che già la applicavano, producendo maggiori introiti.
In particolare, la amministrazioni comunali hanno operato sull’ampliamento dei periodi di pagamento per le destinazioni stagionali, sul ritocco verso l’alto delle tariffe e sull’avvio di accordi con le piattaforme di home sharing per avere anche da loro il pagamento dell’imposta. Nel corso del 2019 sono state 318 le amministrazioni che hanno lavorato in questo modo sulla tassa e da qui, soprattutto, è arrivato il forte incremento registrato.
Secondo l’Osservatorio, anche il 2020 vedrà una crescita degli incassi provenienti dalla tassa, da un lato perché già nuovi comuni si stanno muovendo per imporla, dall’altro per gli incrementi già approvati da una serie di amministrazioni.
In particolare, Feruzzi segnala Firenze, che aumenterà le tariffe per chi dormirà in strutture Airbnb, hotel 3 stelle e strutture extralberghiere, Gallipoli, pronta ad aumentare di 50 centesimi l’imposta sugli hotel 4 e 5 stelle, Desenzano, con incrementi da 50 a 60 centesimi nelle strutture da 2 a 4 stelle.
E poi ci sono i comuni che guardano al futuro: Camaiore ha iniziato un percorso per decidere di imporre la tassa nel 2021.