Confindustria nautica prende posizione dopo l'approvazione degli emendamenti sulle concessioni balneari nell'ambito del decreto Milleproroghe.
Confindustria Nautica sottolinea che nel caso della portualità turistica è “un errore al quadrato se le regole pensate per lidi e spiagge venissero automaticamente applicate alle infrastrutture del diporto, cancellando la normativa specifica che, attraverso il Codice della navigazione, ha regolato per decenni il settore senza prescindere dai criteri di trasparenza che informano i principi europei”.
Come riportato dal Secolo XIX, il tema delle concessioni "è solo l'inizio del ragionamento sul futuro assetto della portualità turistica - commenta il presidente di Confindustria nautica Saverio Cecchi –. Posto che, a differenza di altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, l'Italia ha scelto di procedere alla realizzazione delle infrastrutture per la nautica ricorrendo agli investimenti del capitale privato, è evidente che occorre salvaguardare le certezze giuridiche e la redditività che è alla base di questi investimenti".
Per ragionare del futuro della portualità turistica è necessario, secondo Confindustria Nautica, "risolvere i problemi che la affliggono da decenni. E non solo nell'interesse degli approdi, ma dell'intero sistema turistico e delle economie costiere". Secondo l'Osservatorio nautico nazionale di Confindustria Nautica, il personale direttamente impiegato all'interno di un marina turistica ammonta in media a 10 Unità lavorative annue, ognuna delle quali corrisponde a una persona impiegata a tempo pieno per un anno, a prescindere dalla forma contrattuale e dalla retribuzione.
Ma il vero impatto è l'indotto occupazionale. Il rapporto tra posti barca e occupati generati complessivamente sul territorio, quindi al di fuori dall'area portuale, è pari a un addetto ogni 3,8 posti barca.