Petra senza turisti: l’appello di Ismaiel Abuamoud

La guerra in Israele sta minando fortemente il turismo nell’area mediorientale e a pagare uno dei prezzi più alti è la Giordania. Come riporta Preferente, il turismo rappresenta una parte molto importante del suo prodotto interno lordo e, dall’arrivo della pandemia nel 2020, il Paese non è riuscito a rialzare la testa.

Secondo Abc, nel corso della seconda metà del 2022 tutto sembrava essere tornato alla normalità, con una stagione estiva abbastanza positiva. Tuttavia, lo scoppio del conflitto il 7 ottobre ha rimesso tutto in discussione.

Il vice commissario capo del Parco archeologico di Petra Ismaiel Abuamoud, ha sottolineato che “il turismo è molto sensibile ai fattori esterni. La ripresa era cominciata nel 2017 e il 2019 è stato il nostro anno migliore, ma nel 2020 è arrivata la pandemia. Una volta passata, il 2023 è stato un anno molto buono (circa 6 milioni di turisti), ma con lo scoppio del conflitto in Israele il numero dei visitatori si è ridotto. Fin dal 7 ottobre abbiamo osservato che il numero dei turisti cominciava a diminuire giorno dopo giorno. Prima ne ricevevamo dai 3mila ai 5mila giorno. Poi siamo arrivati ai 300 o 400 al giorno”.

Dati che coincidono con quelli segnalati dagli albergatori della regione. “Un anno fa eravamo sold out e si poteva venire solo su prenotazione. Attualmente i nostri ricavi sono praticamente pari a zero”.

Temendo che il conflitto rovini la stagione primaverile, l’estate e il resto dell’anno, Abuamoud chiede che si lavori per “comunicare a tutti che la Giordania è un Paese sicuro e aperto al turismo”. Nella speranza che il numero dei visitatori “torni gradualmente ad aumentare”.

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