Mai come in questo ultimo biennio gli operatori del turismo si sono imbattuti nel concetto di circostanza eccezionale non imputabile ad alcune delle parti al fine di dichiarare annullato il contratto e per l'effetto essere obbligati a rimborsare il turista del prezzo del viaggio, esclusa ogni responsabilità contrattuale e pertanto conseguenti obblighi risarcitori.
Rileva ancora una volta la direttiva (UE) 2015/2302 relativa ai pacchetti turistici (in vigore in Italia dal 2018 con il d.lgs. 62/2018) che all'articolo 12.2 dell'atto eurounitario stabilisce che il viaggiatore ha diritto di risolvere senza spese o penalità il contratto di pacchetto turistico e prima della sua esecuzione in caso di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che abbiano un'incidenza sostanziale.
L'applicazione della regola
La norma apparirebbe chiara. Tuttavia, che succede nel caso che le circostanze eccezionali si verifichino in un secondo momento rispetto alla comunicazione di recesso del viaggiatore? È il caso di un recesso soggettivo di un viaggiatore che, per timore di recarsi presso una determinata destinazione (per esempio, è semplicemente sospettoso che vi potrebbe essere in quella determinata destinazione una recrudescenza di epidemia da COVID-19, ma nulla è scritto nei siti ufficiali del Ministero della Salute e di viaggiaresicuri.it) decida di recedere liberamente dal contratto, con la conseguenza di un'applicazione automatica delle penali.
Successivamente al recesso e pertanto allo scioglimento del contratto, la destinazione che era stata prescelta diviene comunque non più praticabile per sopraggiunte circostanze eccezionali e pertanto il viaggiatore ora reclama il rimborso anche delle penali già applicate.
Le sentenze dei tribunali
Orbene, presso altri Stati membri cominciano a segnalarsi sentenze sul punto nelle quali, qualora rilevanti per il viaggiatore, possono essere prese in considerazioni anche delle circostanze che emergano successivamente al recesso del viaggiatore, legittimandolo pertanto ad un rimborso integrale.
Una soluzione di tal genere apparirebbe in contrasto con il nostro ordinamento civile, tuttavia non sarebbe la prima volta che la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE, chiamata a pronunciarsi sulla normativa a tutela del viaggiatore, abbia interpretato la legge forzandone l'equilibrio a favore del consumatore-viaggiatore.
Senz'altro prevedere nei contratti di viaggio delle clausole penali stese in modo chiaro ed intelligìbile, renderebbe più ardua una pronuncia giurisprudenziale avversa all'operatore turistico, in caso di circostanze eccezionali i cui eventi causali siano sorti e realizzati solo successivamente allo scioglimento del contratto.