Uno dei principi cardine della revisione dell’Irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche) che l’attuale Governo sta delineando, è il graduale perseguimento di una sorta di “equità fiscale” ovvero l’attuazione del principio secondo cui a parità di reddito deve corrispondere il medesimo carico di imposte da versare.
In parole povere, alla tradizionale domanda “Chi paga più tasse? Il lavoratore dipendente o l’imprenditore/lavoratore autonomo?” (le cui risposte immancabilmente variano a seconda della sponda nella quale ci si trova) nelle intenzioni dell’attuale riforma fiscale si vorrebbe arrivare a rispondere con: “Nessuno dei due, si paga uguale”.
In realtà, tale obiettivo appare molto ambizioso: questo principio di equità ad oggi è sistematicamente violato sia per la presenza di una grande numerosità di regimi sostitutivi (pensiamo solo al regime forfettario per i lavoratori autonomo, o alle imposte sostitutive su alcune tipologie di reddito come la cedolare secca sugli affitti) sia per il meccanismo delle detrazioni estremamente variegato (spese mediche, assicurative, contributi, ristrutturazioni, ecc. per darvi un’idea: qui trovate un elenco estramente sintetico di tutte le detrazioni applicabili in dichiarazione dei redditi, e nonostante la compressione arriva a circa 7 pagine fitte).
Di fatto (senza considerare la variabilità data dalle diverse detrazioni per spese mediche, contributive, ecc.) i lavoratori autonomi che applicano il regime forfettario (che, per inciso, non è beneficiabile dalle agenzie viaggi) godono di vantaggi significativi per redditi medi/alti, sia rispetto agli altri autonomi che ai dipendenti, mentre questi ultimi beneficiano di un trattamento più vantaggioso sui redditi medio/bassi.
Per fare un semplice esempio: su 50mila euro di reddito un forfettario sconta una imposta sostitutiva di circa 7.500 euro, mentre un dipendente o un autonomo non forfettario di circa 14.400 euro.
Le cose cambiano, al contrario, per un reddito di 20mila euro: un lavoratore dipendente versa circa 2mila euro di imposte, un forfettario circa 3mila e un lavoratore autonomo non forfettario circa 4mila euro.
Come vorrebbe intervenire il Governo? La Legge Delega per la riforma del fisco prevede alcuni specifici interventi:
- Unificazione delle detrazoni con riduzione delle stesse (in questo caso, a fronte del raggiungimento di una semplificazione, ci si scontrerebbe col malcontento di chi non potrebbe più beneficiare di significative detrazioni per ristrutturazioni edilizie, corsi sportivi per i ragazzi, erogazioni liberali, e chi più ne ha più ne metta);
- Riconoscimento ai lavoratori dipendenti della possibilità di dedurre le spese sostenute per la produzione del reddito (cioè l’esatto contrario della semplificazione che si vorrebbe raggiungere con il punto precedente: se ne parla da tanti anni, ma inevitabilmente questa possibilità introdurrebbe ulteriori regole e complicazioni ad un sistema fiscale già di per sé disordinato).
L’impressione è che il sistema fiscale italiano, caratterizzato da innumerevoli interventi nel corso dei decenni, spesso contraddittori e clientelari, abbia raggiunto una forma tale che qualsiasi modifica lascerebbe poco spazio alla realizzazione dell’equità tra diverse tipologie di reddito tanto auspicata.
Giulio Benedetti – Studio Benedetti Dottori Commercialisti – www.studiobenedetti.eu – www.travelfocus.it