Nel turismo, la fedeltà dei clienti è passata da essere una certezza ad essere una ambizione, in quanto oggi il turista fedele non esiste più, è solo una mera illusione.
E ciò inevitabilmente spinge le aziende turistiche, che siano hotel, tour operator o destinazioni, a cercare costantemente di catturare nuovi clienti per continuare a mantenere la propria quota di mercato. Fino a farla diventare una vera e propria ossessione.
Seppur il brand sia importante, purtroppo in un mercato come quello attuale, caratterizzato da una domanda che spesso non riesce a percepire o a dare il peso adeguato al valore aggiunto, e che considera il prezzo un fattore significativo per la scelta finale, non basta.
Ma nel tentativo di ampliare il volume del fatturato o la quota di mercato, non si deve perdere di vista il business attuale e bisogna adoperarsi per difenderlo attivamente.
Purtroppo, nel settore turistico, una delle poche leve che rimane alle aziende e alle destinazioni per assicurarsi una certa redditività, è la riduzione dei costi, oltre ad una distribuzione efficace delle proposte e dei prodotti ma che tuttavia richiede investimenti consistenti. Mentre infatti, in altri ambitieconomici, l’innovazione di prodotto generalmente funziona, nel settore turistico, proprio per sua stessa natura, per i costi e soprattutto per la pressione della concorrenza, di fatto si tratta di un'arma difficile da applicare.
Di conseguenza, le aziende e le destinazioni turistiche per difendere la propria quota di mercato o per incrementare il numero di turisti o di clienti, e quindi il volume d’affari, sono obbligate a percorrere altre vie, ossia il marketing proattivo o il marketing di difesa.
Il marketing proattivo è quello che si applica, con una forte attenzione alla domanda, ossia intuendo un bisogno o un’opportunità, e creando quindi un prodotto o una proposta ad hoc oppure adattandone una già esistente. Di fatto, è un marketing d’anticipo: si propone un servizio non appena se ne intuisce l'importanza, prima ancora che il mercato stesso ne sia consapevole. La chiave per ottenere un buon posizionamento e di conseguenza una buona redditività è quella di generare soluzioni che i consumatori vedano come un valore differenziale e aggiunto. Questo consente di spostare l’attenzione dei clienti dal fattore prezzo: è la logica premium.
Le aziende e le destinazioni che hanno questa accortezza di fatto modellano a loro favore il mercato, in modo tale che esso risponda adeguatamente ai propri interessi. Questa tipologia di marketing non richiede di fatto un forte investimento ma una grande capacità di osservazione e di intuizione, oltre all’abilità di vedere oltre, più avanti, con una visione almeno di medio-lungo termine. Certo, può capitare di commettere degli errori ma, in un settore come il turismo, dove i cambiamenti non sono così improvvisi e radicali, si può facilmente recuperare.
Pensiamo per esempio a quanto tempo il settore turistico, e in particolare quello alberghiero, ha impiegato per rendersi conto che la sharing economy era una minaccia. Non solo non ha reagito ma si è trincerato, negandone l’esistenza e così facendo ha lasciato spazio al nemico, ossia Airbnb, che ha guadagnato posizioni, le ha consolidate ed oggi è diventata una potente Ota, che commercializza anche gli hotel! E tutto ciò solo per non essere stati attenti all’evoluzione del mercato!
Oggi, le destinazioni turistiche e gli enti che le gestiscono devono essere consapevoli che la propria offerta di letti è molto più elevata di quella rilevata dalle statistiche. In molte località infatti c'e un’offerta extra di camere che va da un minimo del 25% ad un massimo di 50%.
Alle destinazioni ed aziende che invece non effettuano un marketing proattivo difatto non resta altro che correre ai ripari e fare un marketing difensivo, al fine di ridurre le possibilità di attacco o quanto meno ridirezionarle o diridurne l'intensità.
In questo caso, le opzioni possono essere diverse, ossia diversificare il mercato, creare nuove proposte, innovare quelle già esistenti, ma l’aspetto fondamentale è cercare di abbandonare la logica finora adottata ed ampliare la propria visione di fondo.
La sharing economy con tutta probabilità non sparirà e tanto meno si ridurrà: e proprio per questo si deve lottare per evitare che conquisti nuove quote dimercato. Che adottando il linguaggio comune significa evitare che ci rubi altri clienti.
Per concludere, difendere la propria quota di mercato, che si tratti di un'azienda o di una destinazione, significa abbandonare i mercati più deboli e che generano meno redditività.
Combattere quindi la sharing economy con le sue stesse armi può portare solamente alla sconfitta; l'unica soluzione percorribile per contrastarla ed ammortizzarne le conseguenze è valorizzare il proprio fattore differenziale.