Sotto l’idea di comunicare nella promozione del turismo, destinazioni, aziende, hotel, tour operator, agenzie di viaggi e tutti gli operatori del settore si lanciano ad utilizzare internet, ma soprattutto i diversi canali social, in particolare Facebook e anche Twitter e Instagram. Di come farlo se ne scrive molto, ci sono infinità di post, tanti consigli e manuali che fanno sì che tanti si lancino nelle reti sociali con il desiderio di promuovere e comunicare. Ma spesso tutta questa attività in Facebook, in Twitter, Instagram e altre reti sociali non portano i risultati sperati e desiderati.
Come mai?, si chiedono molti, quando un post o a un contenuto pubblicato non provoca reazioni, ne anche un miserrimo “mi piace” e soprattutto non si produce il famoso “engagement”, ovvero non ci sono condivisioni, e neanche conversazioni. Tutti i consigli per sopravvivere nelle reti sociali fanno leva sul bisogno di posizionarsi in forma positiva nel mercato turistico, e soprattutto creare interesse per far sì che gli utenti si trasformino in turisti d’una destinazione o in clienti d’un hotel, B&B, agriturismo, agenzia di viaggi, o di un tour operator. Ma con tutto ciò, la verità è che le destinazioni e le aziende del turismo continuano a fare male il marketing online e nelle reti social, facendo errori da principianti, e generando scarsi effetti positivi.
Alcuni di questi errori frustrano gli sforzi di chi fa comunicazione, ma soprattutto disturbano, e molto, i consumatori, che finiscono per cliccare “unfollow” ed abbandonando tutto l’interesse che potevano avere per la destinazione, per le proposte e per i brand turistici, e in più non fanno quello che si desidera che faccia un fan, ovvero condividere!.
Quali sono questi errori, e quali pratiche gli operatori turistici dovrebbero evitare di fare nella strategia di social media marketing?
Otto potrebbero essere considerati come gli errori di base:
1. Pubblicare troppo!
I teorici del social media marketing dicono che si deve pubblicare costantemente, ma chi ha detto che questa sia una buona scelta? Malgrado sia vero che le reti sociali consistono in conversazioni, e che di conseguenza è necessario crearle, la verità è che osservando la maggior parte dei post sul turismo, si vede che non si creano le tanto desiderate conversazioni. Pubblicare più del necessario fa che gli utenti ci considerino come noiosi e pesanti, e l’effetto è contrario al quanto desiderato. Pertanto non si raggiungerà l’obiettivo di connettersi, ma al contrario l’utente si sentirà disturbato, e molto probabilmente abbandonerà la nostra pagina.
Secondo un recente studio, il 58% degli utenti si sentono disturbati e molesti per l’eccesso di messaggi. Non si tratta di pubblicare soltanto quello che a noi interessa come destinazione o operatore turistico, perché questo è fare spam. I contenuti devono essere interessanti e con valore per chi li riceve.
Meglio pubblicare di meno, ma quando si fa, sia perché c’è qualcosa di interessante da comunicare!.
2. Troppi post commerciali
I social non sono per definizione un canale di vendita, gli utenti seguono i brand per ricevere informazioni, guardare immagini ed essere in contatto con quelli che seguono. Se è vero che la comunicazione comporta una reazione e che si comunica per ottenere qualcosa, più del 60% degli utenti si sente molestato dal ricevere dei post e dei contenuti chiaramente commerciali e di vendita. È evidente che per il turismo i social media sono un canale di comunicazione, ma è anche vero che vendiamo sogni e desideri, pertanto la chiave è quella di suscitare l’interesse e l’emozione perché l’utente possa pensare che il suo sogno di vacanza può essere una realtà con noi. La chiave è quella d’essere commerciali senza esserlo troppo spudoratamente.
In realtà l’85% degli utenti riconosce che ha bisogno di vedere diverse volte una proposta nelle reti sociali per decidersi ad acquistarla. Di conseguenza le destinazioni e le aziende turistiche non devono essere nella loro comunicazione social troppo spinte, e devono trovare l’equilibrio fra connettersi e sedurre senza molestare quelli che le seguono sui social con post troppo commerciali.
3. Pubblicare e condividere banalità
L’ossessione per pubblicare dei contenuti fa sì che spesso i post e le immagini che si postano siano totalmente inutili. Si vede quando non c’è engagement, ossia reazione, ma soprattutto quando il numero di “mi piace” è irrisorio. Che un profilo debba avere contenuti è sacrosanto, ma non è necessario che il profilo di una destinazione o di un operatore turistico sia pieno di contenuti irrilevanti. È fondamentale comprendere e capire il perché un utente ci segue o diventa un nostro “follower”, ma soprattutto cosa si aspettano di ricevere. Se hanno interesse su una destinazione o per una proposta turistica, sicuramente sarà perché vogliono sentirsi connessi ed ricevere degli stimoli.
Pubblicare per pubblicare non ha senso, anzi è totalmente controproducente. Questo è uno di quelli casi dove è meglio poco che molto, sempre se il poco sia interessante. Un 41% degli utenti smette di seguire quei brand che pubblicano contenuti poco importanti o irrilevanti.
Se non c’è nulla d’interessante, se le fotografie da pubblicare non hanno nulla di speciale, è meglio aspettare un giorno che pubblicare delle banalità.
4. Non ripubblicare?
La corsa a pubblicare sempre contenuti nuovi non è detto che sia una buona strada. Il 61% degli utenti, ha bisogno di sentirsi “stuzzicato”, ovvero si decide a prenotare o ad acquistare un servizio, un prodotto o una vacanza dopo d’avere visto un contenuto fra 2 e 4 volte. Pertanto, nel turismo, partiamo della considerazione che vendiamo desideri ed illusioni, e che i nostri potenziali turisti devono sentirsi convinti. Il turismo difficilmente è un “acquisto d’impulso”, come facciamo con le caramelle mentre aspettiamo in coda per pagare nella cassa del supermercato.
Ripubblicare contenuti ed immagini è sano e conveniente, ma dobbiamo essere consapevoli di calcolare una certa distanza fra la prima, la seconda e la terza pubblicazione. Diciamo che un post o un’immagine può essere ripubblicata nell’arco d’un anno fino a 8/10 volte. Non succede nulla, anzi è conveniente perché rinfreschiamo la memoria dei nostri utenti.
5. Abusare degli hashtag
A volte, soprattutto in Instagram, i contenuti che si pubblicano sono un bosco di hashtag. A ogni parola s’inserisce un #, senza prendere in considerazione se è o non necessario. Questo tentativo di sembrare nell’onda, ovvero di essere molto “social”, è un errore. Utilizzare linguaggi troppo moderni, o anche in argot tecnico o colloquiale, non è che ci aiuti. Vendiamo turismo, destinazioni, sogni e servizi, pertanto è fondamentale essere consapevole che la nostra merce è di valore. Post e tweet pieni di # e @ diventano molesti per gli utenti, perché fanno perdere il filo e difficilmente si capisce cosa vogliamo comunicare.
6. Dire troppo poco
Ci hanno sempre detto che nel digital e soprattutto sui social dire e parlare troppo è un problema. È vero, ma è un problema anche non dire o comunicare abbastanza. Lo abbiamo detto prima: post e messaggi con soltanto parole chiave e sempre con l’hashtag rischiano di rendere incomprensibile il contenuto. Condividere un’immagine senza dire nulla, non va bene, perché quell’immagine va contestualizzata, ma soprattutto perché non è detto che l’utente che la vede capisca o sappia di cosa li parliamo.
7. Postare troppo poco
La regola nel turismo è quella di comunicare attraverso i social nel momento giusto. Questa è la difficoltà. Spesso passiamo dal postare e condividere troppo spesso a quello di non postare per settimane. Il rapporto con chi ci segue deve essere mantenuto con delicatezza, per tanto è meglio comunicare attraverso i social con una frequenza almeno di 7/8 giorni. Con questo ritmo è possibile che i nostri contenuti siano interessanti, perché non si è pressati con l’idea di postare su Facebook o Instagram tutti i giorni. Con una frequenza adeguata, non si corre il rischio che i nostri folllower si dimentichino di noi, ma non daremo neppure la di essere invasivi.
8. La regola del perché
Spesso tendiamo a comunicare nel nostro profilo di Facebbok, Twitter o Instagram contenuti che fanno diretto riferimento a noi. Un’immagine della destinazione, un commento su di noi, sulla nostra offerta, sul nostro hotel o b&b. Ovvero tentiamo di raccontare chi siamo e quello che offriamo, ma ormai nel turismo questo approccio non interessa ai nostri utenti e molto meno li fa diventare turisti. A loro interessa il perché devono sceglierci, il perché siamo utili. È quindi ora di comunicare meno noi e passare a comunicare attraverso i social tutto quello che è fuori della nostra struttura, o comunicare le esperienze e le emozioni che i turisti avranno.