È andata, anche questa volta. Nel vortice dei tg traboccanti di turisti accaldati in cerca di refrigerio o, in alternativa, accasciati sui bagagli in attesa di essere caricati in blocco su mezzi di fortuna, l’estate si è conclusa. Con qualche interessante iniziativa di cui molto meno si è parlato, forse per supposta mancanza di mordente giornalistico. Ne riporto tre, per comune memoria e ispirazione. In ordine cronologico.
Si era sul finire della primavera quando Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, invitava i giovani a realizzare una “rivoluzione gioiosa”, in direzione – spiegava - di uno sviluppo “durable, come dicono i francesi. Perché non se ne può più della parola sostenibilità” e soprattutto dell’uso biecamente tattico che molti ne fanno. Anche a chi si occupa di ristorazione Petrini ricordava che il sistema alimentare produce oggi quantità capaci di soddisfare una popolazione di 12 miliardi, 4 in più di quelli effettivi. “Ma la Terra – ha sottolineato - non ce la fa più”. Ai giovani rivoluzionari che entreranno nel settore, dunque, il compito di trovare soluzioni efficaci.
In piena stagione di pic-nic e gite fuori porta in cerca di frescura, Uncem - l’Unione comuni, comunità ed enti montani - rilanciava invece il suo invito a praticare il “turismo come impegno civico”, chiedendo ad escursionisti e residenti temporanei di supportare l’economia delle terre alte facendo acquisti sul territorio, “per salvare negozi e paesi”. Ricordando che “bar e ristoranti sono comunità” e che, pertanto, consumare prodotti locali “è un gesto di amore per i territori”. Un messaggio rivolto anche a chi, una volta tornato a casa, desiderasse acquistare online. In questo caso Uncem invitava ad utilizzare portali “che realmente rappresentano il territorio e le sue imprese. Non le grandi piattaforme”.
Nel frattempo oltreoceano, alle soglie di un rovente agosto di campagna elettorale, la Culinary Union appoggiava pubblicamente la candidatura di Kamala Harris. Essere d’accordo sulla fazione politica non è d’obbligo, mentre va riconosciuto a questa compagine di “hospitality workers” (circa 60mila) il coraggio di schierarsi apertamente con la candidata che – come ricordano nel documento reso pubblico – più di tutti in passato è stata d’aiuto per ottenere migliori contratti di lavoro e maggiori attenzioni per il personale dedicato alla pulizia delle camere e alla cucina.
Infine una notazione a margine sull’imperversante overtourism, su cui nell’estate si è espressa nientemeno che l’Accademia della Crusca per ricordare che il termine è ormai presente nella sezione Neologismi 2023 del Vocabolario Treccani, nel Devoto-Oli online e nell’edizione 2025 dello Zingarelli. È dunque a tutti gli effetti parte del linguaggio comune, oltre che – ahimè - dello scenario di settore. Ma è solo uno dei vari termini adottati nel tempo per definire i fenomeni di affollamento turistico. Prima ci furono sovraturismo poi iperturismo e overcrowding. Che tuttavia, a quanto segnala la Crusca, non riuscirono mai ad acquisire forza sufficiente per entrare nei vocabolari. Segno anche questo da non sottovalutare.