Come sta il turismo dopo il Covid? A interrogarsi è Michele Serra (nella foto), amministratore delegato di Mistral Tour Internazionale, che in un post pubblicato su Linkedin riflette sul dopo Covid e sul dopo ‘revenge travel’ vissuti nel mondo del turismo.
Che cosa è cambiato? Si domanda il manager.
“Anche noi dobbiamo cambiare? Oppure siamo tornati alla ‘vecchia normalità’ e possiamo reinserire il pilota automatico schiacciando il bottone ‘business as usual’?
“Riflettendo sull’esperienza del Quality Group di questi quattro anni – spiega Serra -, mi viene da dire che un cambiamento c’è stato eccome, macroscopico e tumultuoso. Ma un cambiamento nella continuità: la voglia (o la necessità?) di viaggiare si è affermata come valore irrinunciabile della vita moderna, consolidandosi e diventando anche molto più pressante: il turismo, dopo il crash-test del Covid, è diventato ormai un pilastro del panorama economico mondiale".
Nello stesso tempo, "le difficoltà si sono moltiplicate: l’offerta di voli e di servizi si è indebolita, a fronte di un aumento progressivo dei viaggiatori da tutto il mondo; l’emergenza ambientale e le crisi geo-politiche hanno reso le autostrade del mondo… una gimkana. L’organizzazione è diventata il cardine di tutte le politiche del turismo: gestione dei flussi, adeguamento delle infrastrutture, qualità del servizio, assistenza efficace nelle emergenze sono aspetti che non si possono più sottovalutare, insieme alla tematica della sostenibilità. Il turismo è diventato una cosa seria, che richiede da parte nostra una preparazione più adeguata, una strutturazione più solida e una maggiore responsabilità”.
A questo punto, Serra cita i quattro punti sui quali concentrare il lavoro, a cominciare dall’assistenza e gestione delle emergenze, che “non possono più essere lasciate alla buona volontà, perché quello che prima era eccezione è diventato normalità: l’emergenza climatica, le difficoltà enormi che stanno affrontando le compagnie aeree e l’instabilità politica richiedono la creazione di strutture di assistenza più solide, tempestive ed efficaci”.
Secondo punto da considerare, “la crescente difficoltà del nostro lavoro richiede professionisti più preparati e, di conseguenza, meglio pagati. La professione dell’agente di viaggi è uscita dal limbo della faciloneria e delle false immagini: è un lavoro serio, difficile e delicato, per quanto appassionante. E merita il riconoscimento da parte di tutti, a partire dai clienti. Basta con le sottovalutazioni”.
"Da soli non si va da nessuna parte: l’organizzazione è fenomeno complesso che esige una strutturazione adeguata, e questa si fa solo raggiungendo certe dimensioni”, Occorre quindi implementare la collaborazione e le reti di impresa: “piccolo è ancora bello, soprattutto in Italia, a patto che non si rimanga isolatie”.
Infine, “la legislazione del turismo è assolutamente inadeguata e sorpassata: non si può più far ricadere sull’organizzatore tutto l’onere economico ed organizzativo delle difficoltà di un viaggio: basta con i luoghi comuni della ‘vacanza rovinata’ e del ‘rischio imprenditoriale’. Il mondo è troppo complicato per addossare la colpa di un disagio sempre e solo sull’agente di viaggi: è necessaria una chiamata in causa di tutti gli attori coinvolti, compresi i turisti”.