Consolidare prima di tentare l’ennesima scalata. A volte in montagna bisogna prendere fiato, per avere la giusta energia nella parte impegnativa della salita.
Giuseppe Pagliara offre questa immagine. In questa intervista Caffè con il direttore il manager non anticipa crescite (ricavi) mirabolanti per il Gruppo Nicolaus ma un onesto 5%. E ha l’onestà di affermare che il brand Turchese, acquisito qualche stagione fa, resta per ora nel congelatore. Ai margini del business.
Pagliara, che stagione ha vissuto? L’altalena delle vendite ha pesato molto?
Siamo soddisfatti perché andiamo a chiudere con una crescita dei ricavi di gruppo del 5%. Non si può mettere a segno sempre un incremento a doppia cifra. Ci vuole l’onestà di affermare che in questa stagione era necessario consolidare la struttura aziendale.
Alla voce marginalità ci sono state sorprese?
Superiamo i 5,5 milioni di euro di Ebitda e questa mi pare la notizia più rilevante nel 2024. L’inizio anno non era partito benissimo, poi con la ripresa dell’Egitto abbiamo rimesso i conti in carreggiata. E proprio sul Mar Rosso il prossimo anno abbiamo intenzione di raggiungere 30 milioni di euro di fatturato. Poi c’è stata l’Italia che non ha tradito le attese.
Tariffe spinte verso l’alto da parte di tutti i tour operator. Potrà durare ancora molto questo trend sul mercato domestico?
Noi abbiamo un prodotto ricercato e quest’anno l’invenduto è stato veramente marginale. Stiamo destagionalizzando molto bene e questo ci permette di avere un revenue interessante. Su alcune strutture italiane in gestione abbiamo lavorato sino a fine ottobre. Sino a poco tempo fa a inizio settembre finiva tutto.
Turchese dove è finito?
E’ un brand dormiente e non prevedo investimenti. Oggi non è attivo anche se in qualche caso ci viene richiesto. Ad ogni modo se servirà lo faremo uscire dal congelatore, altrimenti Turchese rimarrà fuori dal perimetro di azione.
Pensate invece di investire nel target di alta gamma con Raro?
Ecco, in questo caso abbiamo già programmato investimenti nel budget ’25 perché crediamo nel lusso e vogliamo prenderci spazi. E’ un target molto importante, che va seguito con estrema attenzione, e con Raro Villas mostreremo le nostre carte su questo segmento di mercato.
Lei sostiene che il vecchio modello di business dei tour operator sia finito. Cosa rimane sul mercato?
Il vecchio modello di t.o. è finito, viva il nuovo modello. Oggi l’operatore deve essere uno strumento al servizio della compagnia alberghiera. Non mi pare poco.
In qualche modo quel tipo di mestiere non va in pensione?
Siamo rimasti in pochi a svolgere il mestiere del t.o. rispetto a qualche anno fa, perché si lavora con margini di guadagno bassi. I rischi finanziari sono troppo elevati e così si fatica a dismisura. Per questo noi abbiamo diversificato inserendo gli hotel e le ville.
Però i fondi di investimento sono sempre più sulle tracce di tour operator con alberghi?
Diciamo che stanno guardando al comparto con diffidenza e curiosità. Poi, lato ospitalità, sono intervenuti in modo pesante. E si vedono investimenti soprattutto nella fascia medio alta. Guardano anche nell’area villaggi e resort, ma come dicevo sono più diffidenti. E gli operatori diventano interessanti quando si occupano direttamente anche del ricettivo.