La cosiddetta ‘tassa Airbnb’ si rivela un flop. Secondo il Rendiconto Generale dello Stato, infatti, del 83 milioni di gettito attesi nel 2017 nella casse pubbliche ne sono entrati soltanto 19.
A fare la differenza, la resistenza in massa dei grandi portali di affitti brevi, che fin dall’approvazione della norma hanno lanciato una serie di ricorsi per non provvedere a quanto prescritto dalla legge.
“La misura – dice Matteo Frigerio, country manager Airbnb Italia su Repubblica – discrimina le piattaforme e gli strumenti di pagamento tracciati e danneggia in ultima istanza i consumatori”. Sulla stessa linea anche il country manager Italia di HomeAway, Gualberto Scaletta, che sottolinea come “esistano ancora dei dubbi sull’identificazione dei soggetti su cui gravano gli obblighi della normativa”.
Se è saltato l’appuntamento dei pagamenti, le piattaforme si preparano anche a disertare anche la quello della trasmissione dei dati, spostato al 20 agosto. Nessuno dei portali ha infatti raccolto i dati richiesti, in attesa dei pronunciamenti sui ricorsi. E se per il primo anno sono stati 60 milioni in meno quelli incassati rispetto al previsto, la situazione si aggraverà negli anni successivi: a regime il Governo aveva previsto di incassare 139 milioni all’anno, ma di questo passo rischia di mettere in cassa solo briciole.