Il monito
di Walsh, Iata:
“Più libertà
per i vettori”

“L’eccessiva regolamentazione ha reso oggi l’Europa meno competitiva degli Stati Uniti”. Non usa mezzi termini Willie Walsh, direttore generale di Iata, nel corso della conferenza stampa dopo l’apertura dei lavori del convegno “Wings of Change – Europe” in corso a Roma. “La regolamentazione comunitaria è uno dei fattori che la Commissione europea deve affrontare per cambiarla – ha continuato Walsh -. La competitività è un concetto che dipende dal mercato dove sei inserito. Non puoi mettere dei limiti a chi opera su un mercato globale”. Il riferimento alla lunga procedura ancora in corso per il matrimonio tra Ita Airways e Lufthansa non sembra neanche tanto velato.

Le cifre del mercato

“Il traffico aereo e i suoi passeggeri crescono velocemente in tutto il mondo, particolarmente in Asia – ha aggiunto -. Il mercato domestico indiano cresce dell’11,8%, la Cina segue. Ma è tutto il resto del mondo che non si ferma, vuole i massimi benefici dall’aviazione aerea”. Passeggeri che cresceranno anche in Europa. Secondo la Iata, l’Italia nel post covid ha avuto il più alto tasso di incremento nel settore aereo, che l’ha portata alla terza posizione in numero assoluto di passeggeri con 70,2 milioni, dopo UK e Spagna.

Un quadro destinato però a cambiare. Nel 2024 infatti sono diminuite le connessioni internazionali, scese sotto il livello del 2019, a causa di una serie di fattori esterni come le guerre. Nei prossimi 20 anni inoltre, il volume dei viaggiatori nel nostro Paese continuerà a crescere, ma ad un tasso medio del 1,23%. Solo la Spagna aumenterà ad un ritmo minore, mentre faranno meglio anche Germania e Francia. Nel 2043 quindi l’Italia sarà quinta in Europa.

Le critiche

Walsh non risparmia critiche neanche agli attuali commissari europei: “Il rapporto Draghi è l’ultima vera analisi lucida sul Vecchio Continente. In questo momento storico non vediamo incentivi per la produzione”. È il caso dei carburanti Saf, una parziale soluzione all’inquinamento da carburanti, ma che l’Ue considera come un jet fuel alternativo e non come un investimento. “Se la UE non incentiva la produzione e lo stoccaggio di questi nuovi carburanti , dovrà dipendere da altri Paesi, e questo è un rischio per le compagnie e per tutta la UE. Così come avviene per il gas”.

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