Basta guardarlo sorridere mentre parla dei suoi dipendenti, del legame speciale che lo unisce a loro, oppure mentre definisce il suo lavoro un sogno divenuto realtà. Tanto basta per capire perché Simone Giorgi, general manager del Park Hyatt Milano, sia stato insignito del titolo di ‘Hotelier of The Year’ da Virtuoso, il principale network globale specializzato in viaggi di lusso ed esperienziali.
Il miglior general manager di hotel al mondo sorride di nuovo, parlando di quel suo mestiere così speciale: sorride perché pensa alla genesi del suo desiderio. “Da bambino - mi racconta - guardavo Love Boat e fantasticavo su quell’universo sfavillante, sognavo di lavorare nel lusso. Sono riuscito a trasformare il sogno in realtà e ancora oggi porto avanti con entusiasmo quella che, per me, è una missione, un fuoco sacro”.
E accenna con disinvoltura alla sua straordinaria carriera, iniziata con la formazione internazionale alla Cornell University e proseguita con il ritorno in Italia e i 33 anni di lavoro in alcune delle più importanti realtà dell’hospitality. “Il mio modus operandi - spiega - non è cambiato: ho sempre dedicato tempo e lavoro alle persone perché, per me, non esistono barriere. Le persone sono tutte importanti, qualunque ruolo abbiano, dalla A alla Z”.
Lo sanno bene i 260 membri dello staff del Park Hyatt, ai quali Giorgi telefona per fare gli auguri di compleanno: li contatta tutti, a uno a uno. Davanti al mio stupore è lui a stupirsi e a ripetere, come un mantra, la parola ‘persona’: “Per me mettere la persona al centro non è un modo di dire - sottolinea con naturalezza -: le persone vanno rispettate, formate, incoraggiate, coinvolte”. Il lavoro di squadra, ai suoi occhi, è la cosa più importante e la squadra funziona se ognuno dei suoi membri è soddisfatto del proprio incarico. “Ovviamente - aggiunge - dobbiamo dare anche incentivi economici; nel nostro caso abbiamo deciso di investire, tra l’altro, in programmi di welfare, con numerosi plus per i dipendenti”.
Ma non basta ancora: ci vuole anche una prospettiva di crescita professionale. “Per questo - sottolinea - quando abbiamo bisogno di figure più qualificate guardiamo sempre, come prima cosa, al nostro capitale umano interno”.
Il risultato è quasi scontato: più i dipendenti lavorano sereni, più il loro stato d’animo si trasmette agli ospiti dell’hotel: “Da noi - spiega Giorgi - il lusso si riveste di ‘human touch’, l’eleganza e la raffinatezza non sono sinonimo di atteggiamento distaccato ma anzi, al contrario, il personale ha un approccio molto naturale con l’ospite”.
Ospite, appunto, un’altra parola a cui tiene molto, tanto da correggermi con gentilezza tutte le volte che uso il termine ‘cliente’: “Da noi - sottolinea - la parola ‘no’ non esiste. L’ospite dev’essere sempre accontentato e noi, modestia a parte, ci riusciamo nel 99% dei casi”.
C’è poi un ultimo aspetto su cui Giorgi insiste: quello della privacy. “Noi - dice - custodiamo i segreti dei nostri ospiti, che possono contare sulla nostra più assoluta discrezione, chiunque essi siano”. E mentre sta per congedarmi si interrompe, apre una busta e legge: ha appena ricevuto una lettera scritta a mano da un suo competitor, un altro hotel di lusso milanese, che si congratula con lui per il premio ricevuto. Me la fa vedere, quasi dovesse giustificarsi: ecco chi è il nostro ‘Hotelier of the Year’.