Il turismo deve attendere. Ancora. Non più mesi come in un primo momento si era immaginato, ma forse anni per tornare a volumi di fatturato degni di questo nome. Una consapevolezza che si è ormai fatta largo tra gli addetti ai lavori. Tutti sono ormai convinti che questa traversata del deserto sarà ancora lunga. E che senza sostegni, misure di accompagnamento e piani a lungo termine le imprese rischiano di non farcela. Soprattutto quelle che operano sull’incoming.
Il primo a fare i conti con la realtà è il vicepresidente vicario di Federalberghi, Giuseppe Roscioli: “I grandi gruppi alberghieri e l'osservatorio delle compagnie aeree parlano di un ritorno ai fatturati non prima del 2024/2025. Nel frattempo dobbiamo fare in modo che le aziende possano sopravvivere. Fare in modo che quelle imprese che dallo scorso marzo fatturano zero e che probabilmente non riapriranno fino a settembre-ottobre siano messe nelle condizioni di resistere fino alla ripresa". Senza contare che sulle teste delle aziende italiane, in particolare su quelle degli albergatori, hanno iniziato a volare quelli che Roscioli non ha paura di definire “avvoltoi”, pronti a subentrare nel momento di maggiore crisi.
Assicurare alla filiera le condizioni per “sopravvivere” è del resto prioritario anche per la presidente Fiavet, Ivana Jelinic. “Le nostre aziende devono essere in grado di arrivare alla ripartenza e di farlo possibilmente intere. Il nostro è un sistema costituito prevalentemente da piccola e media impresa e questo significa avere soggetti che hanno bisogno di un sostegno e di un accompagnamento allo sviluppo e all'aumento delle competenze più capillare rispetto alle grandi imprese del bacino europeo”.
Confida in interventi più incisivi anche la presidente di Federturismo Confindustria, Marina Lalli: “Oggi - dice - abbiamo sicuramente bisogno di poter contare su dei ristori, che finora non hanno coperto tutti”. Ma, aggiunge, “siccome siamo imprenditori e siamo abituati a guadagnare con il nostro sforzo, chiediamo di poter accedere ad aiuti che noi vogliamo ripagare: finanziamenti a lungo termine, non i finanziamenti che abbiamo avuto con il Decreto Liquidità, che devono essere rimborsati in sei anni e non possono aiutarci”.
Un tema, quello di misure meglio ritagliate sulle esigenze del comparto turistico, che non è sfuggito al neo ministro Massimo Garavaglia. Intervenendo ad alcuni convegni in questi ultimi giorni, il titolare del dicastero non ha nascosto la sua intenzione di modificare i criteri per gli aiuti all’industria turistica. “Sappiamo tutti che il mese preso oggi in considerazione non funziona e che, a seconda del settore, devi prendere il periodo giusto e, laddove è più sensato, andare sui costi piuttosto che sul fatturato". Altro caso è quello delle imprese più strutturate: "Se un albergo fattura milioni, 200mila euro di ristori non servono a niente".
In questo caso, ha aggiunto il ministro, "è più utile lavorare sulla finanza, quindi garantire la ristrutturazione del debito o allungare i prestiti già dati con il Decreto Liquidità".