L’entusiasmo di un ragazzo, la testa di un accademico fuori classe, il piglio di un centometrista con la tenuta di un maratoneta. È stato chiamato a dirigere il Museo Egizio di Torino, è egittologo di fama internazionale (oltre all’italiano parla l’arabo, l’olandese, il tedesco l’inglese e il francese). Ha prodotto un’impennata di visite con la sua umile industriosità. Ritiene di dover restituire un servizio avendo il privilegio di dirigere un museo che è patrimonio del mondo intero. Christian Greco vive il suo incarico come una missione, non dimenticando mai il territorio e il tessuto sociale in cui l’istituzione museo vive, né le esperienze più disparate che per lui sono state pura formazione. Come l’aver lavorato in un albergo…
Lei è diventato direttore di un’istituzione come il Museo Egizio a soli 38 anni…
Devo dire che rispetto all’età anagrafica forse il nostro Paese ha una specie di idiosincrasia e ritiene che si possano assumere posizione di responsabilità solo in età più avanzata. In Olanda il concetto è assolutamente rovesciato. Si crede moltissimo nei giovani. Avendoci vissuto per 17 anni, mi ha fatto effetto una volta rientrato che in Italia si insistesse su questo. Il nostro Paese si rapporta con realtà continentali che sono già molto diverse. Io penso che oggi ci si debba concentrare su un grande patto generazionale: va compiuta quella fusione tra i professionisti più maturi che, grazie al lavoro svolto da tempo, possono trasferire tanta ricchezza alle nuove generazioni, ovvero a coloro i quali hanno freschezza e creatività nella voglia di fare, nella voglia di cambiare il sistema. La società va fatta progredire e nel dialogo tra questi mondi si deve acquisire una forza. Da noi siamo molto sbilanciati verso età mature, manca un po’ la visione di futuro che metta al centro coloro che oggi hanno 14 anni. Altrimenti cosa facciamo per loro?
L'intervista completa è disponibile su Turismo d'Italia a questo link