Ambita e temuta, la multicanalità non è più un tabù nelle discussioni dei tour operator italiani, che con un pragmatismo per certi versi inaspettato si sono confrontati durante il Biz Travel Forum sul tema della scelta dei canali distributivi. Moderata dal direttore di TTG Italia, Remo Vangelista, la tavola rotonda ha sancito la presa di coscienza che la multicanalità è un’opportunità da sfruttare e che il fatto che sia il canale delle agenzie di viaggi a dominare la scena italiana è una decisione imposta dai risultati e dalle caratteristiche del nostro mercato.
L'opportunità sta nei numeri
E’ il country manager di Msc Crociere, Leonardo Massa, a fugare per primo ogni dubbio: “Se una decina di anni fa dichiaravo che il canale delle adv era l’unico al quale rivolgersi, adesso devo ammettere che la strategia multicanale sia necessaria, soprattutto per un’azienda globale che deve vendere 27mila camere alla settimana su 72 diversi mercati. L’opportunità sta nei numeri. Ma – aggiunge Massa - in Italia la vendita diretta è un segmento che vale il 10 per cento del totale, e che si affianca alla potenza di fuoco del trade, sul quale continuiamo e continueremo a puntare”. C’è quindi spazio per tutti, l’importante è non dimenticare mai “una parolina magica, quella della parity rate – aggiunge il presidente di Nicolaus Tour, Roberto Pagliara – che va garantita. Non bisogna temere le nuove forme di vendita e di comunicazione – aggiunge il manager – occorre stare al passo con i tempi e presidiare tutti i canali”. In questo senso di centrale importanza il contributo dei social: “Occorre coinvolgere le adv e i network hanno in questo caso una grande responsabilità, in quanto devono fornire alle agenzie gli strumenti necessari – troppo costosi per i singoli punti vendita – per comunicare e interagire su più fronti”.
Una selezione personalizzata
Connesso a questo tema, anche un altro grande focus che caratterizza i rapporti con le adv: la selezione. Perché – come ricordato dal ceo di Th Resorts, Gaetano Casertano, “Occorre investire sulle agenzie che, non solo per volumi ma soprattutto per qualità di vendita, meglio rispondono alla nostra filosofia, dotandole degli strumenti necessari per lavorare meglio”.
Ancora più esplicito Ezio Birondi, a.d. di Settemari, che commenta “Non dobbiamo ingraziarci nessuno, La scelta delle agenzie – e la loro reciproca adesione al nostro progetto – viene effettuata su precise basi meritocratiche tarate individualmente, perché il t.o. è ormai un alleato e non un fornitore. Privilegiare unicamente i volumi di fatturato può rivelarsi un pericoloso boomerang”. Birondi non si nasconde dietro a un dito, e continua: “Attualmente il ricorso al canale trade è motivato da precise ragioni di opportunità: non esiste nessun intermediario migliore in grado di abbinare le caratteristiche di un mio prodotto alle richieste del cliente finale”.
Rischio Thomas Cook?
Che la nostra realtà viaggi a una velocità diversa rispetto alle dinamiche internazionali emerge poi chiaramente dall’analisi di Casertano, che sottolinea come “il mercato italiano sia profondamente cambiato ma resti di dimensioni tali da allontanare un rischio ‘alla Thomas Cook’. Occorre comunque aggiornare costantemente il modello di business e mettere in atto un’attenta pianificazione finanziaria ed economica”. Tesi condivisa da Massa, che aggiunge come “il modello di integrazione verticale sia in difficoltà e la crisi di Thomas Cook apra la via a nuove opportunità”. Opportunità colte al volo dal direttore generale di Veratour, Stefano Pompili, per il quale “il crack del colosso inglese potrebbe portare a un riequilibrio dei prezzi praticati nei prossimi anni dagli albergatori spagnoli e greci, che hanno patito un forte calo dopo la debacle del gigante del turismo”.
Staremo a vedere. Per intanto, quel che è certo è che agenzie sempre più selezionate continueranno ad avere un ruolo centrale sul nostro mercato, dettato da precise esigenze dei t.o. alle quali solo loro sanno – almeno fino ad ora - rispondere.