Il cosiddetto decreto Dignità appena presentato dal premier Giuseppe Conte e dal ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio ha già fatto esplodere una ridda di polemiche, soprattutto per nel mondo del turismo e dei pubblici esercizi.
In sostanza, dicono le aziende del turismo, con le nuove regole introdotte dal Governo assumere un lavoratore a tempo determinato costerà di più e, avendo reintrodotto la causale per l’assunzione a termine, si aprono le porte a una selva di ricorsi che rischiano di fare da boomerang alla regolarizzazione dei lavoratori anche per un periodo di tempo breve.
Tempo determinato
Nel dettaglio, le aziende potranno assumere a tempo determinato senza causali per 12 mesi, mentre il massimo di durata di un contratto a termine potrà essere di 24 mesi, con l’esplicitamento della causale e con 4 rinnovi in totale, invece che 5. Il lavoro a termine, inoltre, costerà di più: la nuova legge prevede un contributo aggiuntivo dello +0,5% su ogni rinnovo.
La stagionalità
Mette in particolare difficoltà le aziende del turismo la questione della stagionalità. Fatto salvo il diritto delle aziende stagionali (ossia quelle che chiudo per 70 giorni consecutivi l’anno o per 120 giorni non consecutivi) ad assumere a tempo, per le imprese ad apertura annuale ma con picchi di lavoro in determinati periodi dell’anno l’assunzione a termine potrebbe essere impugnata come ‘cattiva flessibilità’.
Le questioni sono più di una: per quanto riguarda il turismo, si insiste molto sulla destagionalizzazione e quindi su un’apertura prolungata delle strutture e dei servizi turistici anche in periodi di bassa stagione. Con un provvedimento del genere si stimola, invece, una forte stagionalità, che permette alle imprese di assumere a termine senza rischio di ricorsi.
Dall’altro lato, l’assunzione degli stagionali nelle aziende del comparto è, come hanno scritto le associazioni del turismo di Confindustria, un dato “fisiologico, in quanto è la stessa attività ad essere soggetta ad una domanda ciclica difficilmente programmabile”. E non sempre la stagionalità corrisponde ad un periodo uguale per tutti: i picchi di lavoro delle diverse destinazioni e attività sono, infatti, legati a fenomeni non collocabili tutti nel medesimo spazio temporale.
Le imprese e le associazioni del settore attendono, quindi, le discussioni parlamentari per la conversione del decreto in legge: le ipotesi sul tavolo sono quelle di modificare la norma oppure di escludere il turismo dai settori interessati dalla nuova normativa.