Il commento del direttore
Remo Vangelista
Quando esordì nei cieli di Dubai, il suo ingresso sulla scena venne salutato con non poco interesse misto a una forte curiosità. Abituati a Emirates oppure Etihad, compagnie che hanno fatto del servizio a bordo (e non solo) il loro punto di forza e della business e della prima il tratto distintivo, l’idea dell’ingresso di una low cost nel Golfo aveva a suo tempo lasciato tutti un po’ stupiti.
Correva l’anno 2009 e flydubai iniziava la sua avventura senza alcun legame diretto con Emirates, ma sempre sotto il controllo dell’emirato. Che non volesse essere una meteora lo si è poi capito nel giro di pochi mesi, quando sono arrivati i primi ordini per la flotta. Se la partenza aveva infatti guardato a un network di prossimità, il progressivo arrivo di nuovi 737-800 aveva fatto prevedere un allargamento del raggio d’azione.
Il business model si è rivelato vincente, capace di individuare un segmento ‘scoperto’, e il piano di espansione si è fatto più imponente, tanto da arrivare (oggi) a quasi 300 aerei in ordine. Come una seconda Emirates pronta a spiccare il volo.
Il piano italiano
A giugno flydubai debutterà in Italia, ma per la ‘prima’ sulla Penisola il vettore low cost ha deciso di essere fuori dagli schemi: l’atterraggio non sarà infatti su Fiumicino o Malpensa (del resto già serviti) ma su un bacino nuovo come quello siciliano con il volo su Catania. Non solo: è subito partita anche la collaborazione con Emirates per portare i viaggiatori siciliani anche oltre Dubai, verso le mete a lungo raggio d’Oriente. Una scommessa. Nuova. Che ancora una volta accende la curiosità sulla low cost che venne dal Golfo.