Il commento del direttore
Remo Vangelista
Airbnb ha un nuovo alleato nella sua battaglia: l’Antitrust. L’Autorità si è infatti pronunciata contro quella che ormai è nota come ‘tassa Airbnb’ ma che, in realtà, si applica a tutti gli intermediari del mondo degli affitti brevi.
Secondo l’Agcm, infatti, la norma così come è attualmente formulata “potrebbe scoraggiare, di fatto, l’offerta di forme di pagamento digitale”. Il che la porterebbe ad “alterare le dinamiche concorrenziali”, andando a favorire le piattaforme che offrono alternative alle transazioni digitali, dando anche la possibilità di saldare in contanti.
Un caso unico in Europa
Nel documento, l’Agcm sottolinea anche di essere “pienamente consapevole” del fatto che l’obiettivo sia quello di “contrastare il fenomeno dell’evasione”. Ma, allo stesso tempo, ritiene che gli obblighi accollati agli intermediari (che, come ormai è noto, diventano sostituti d’imposta) non appaiano proporzionati “al perseguimento di tali finalità”, chiedendo piuttosto che vengano adottati strumenti “che non diano al contempo luogo a possibili distorsioni concorrenziali”.
Non solo: il Garante sottolinea anche che la formula adottata in Italia rappresenta “un unicum nell’ambito del panorama europeo”.
Il nodo del sostituto d’imposta
Il dibattito sulla tassa, sin da subito, si era focalizzato su un dettaglio preciso: la scelta di far operare l’intermediario come sostituto d’imposta. Era stato questo, infatti, l’aspetto messo in luce sia da Airbnb sia da Booking.com. In particolare, il portale simbolo della sharing economy si era detta disponibile a collaborare con le autorità per la raccolta della cedolare secca al 21%, ma aveva chiedo di valutare anche altre soluzioni oltre a quella del sostituto d’imposta.
Lo scontro era poi proseguito anche sul valore dell’aliquota in sede di discussione della legge di Bilancio: un emendamento voleva infatti far scendere la tassa al 10%. La proposta, però, era poi stata respinta.