Il commento del direttore
Remo Vangelista
Si chiama crowd work, nasce sul web e presto potrebbe essere una realtà anche per i servizi legati all’industria dei viaggi. Il meccanismo è semplice: chi ha bisogno di un servizio specialistico, in qualsiasi campo, si collega a un sito specializzato, invia la richiesta, fissa il compenso e il gioco è fatto: basta attendere la risposta dei lavoratori. In alcuni casi, come spiega Il Sole 24 Ore, si apre un’asta che premia il progetto migliore.
Cifre esatte sulle dimensioni di questa porzione di lavoro digitale ancora non ci sono, ma si stima che in Italia oltre due milioni di persone potrebbero arrivare a guadagnare più della metà del loro reddito su piattaforme specializzate in crowd work.
“Il terreno è ancora inesplorato - commenta Antonio Aloisi, ricercatore di Diritto del lavoro alla Bocconi - e, ammesso che ci siano rischi, bisogna attrezzarsi per governarli. La forza di questo segmento del lavoro digitale si fonda sulla parcellizzazione: si affidano a una ‘folla’ microparti di un progetto, una sorta di esternalizzazione globale, per poi tirare la fila laddove ha sede la mente”.