Maxi sequestro Airbnb: quali le conseguenze?

E’ di questi giorni la notizia del maxi sequestro per 779milioni di euro operato dalla Guardia di Finanza ai danni di Airbnb nell’ambito delle indagini della Procura di Milano per il reato di omessa applicazione delle ritenute d’acconto da parte del portale sui canoni di locazione percepiti dagli host (per i non anglofoni: i locatori che mettono in affitto il proprio appartamento).

La vicenda trae le sue origini dal 2017, quando in Italia si è deciso di regolamentare la realtà delle “locazioni brevi” (cioè gli affitti di durata non superiore ai 30 giorni stipulati da persone fisiche private, cioè al di fuori di una attività imprenditoriale) che nel corso degli anni si è sempre più diffusa  anche per via della sua deregolamentazione: di fatto era pressochè impossibile per il fisco italiano riuscire ad individuare (e tassare) i proprietari di immobili che li affittavano per un weekend o poco più e questi ultimi potevano operare in maniera molto più snella rispetto agli operatori professionali, hotel ed altre strutture (non solo dal punto di vista della tassazione, ma anche degli obblighi burocratici, regolamentari, di sicurezza, ecc.).

La difficoltà però permane (non è semplicemente introducendo nuovi obblighi fiscali che automaticamente si riesce ad individuare chi è obbligato a rispettarli, anzi..) , per questo motivo le autorità italiane puntano molto sugli obblighi introdotti in capo agli intermediari (questi si facilmente identificabili: Airbnb o altri portali o property manager e società di servizi che aiutano i proprietari a presentare le proprie offerte al pubblico) attribuendo a loro specifici obblighi sia di dichiarazione fiscale degli affitti gestiti che di riscossione delle imposte dovute sugli affitti brevi.

Per chi volesse avere un riepilogo degli obblighi a carico dei proprietari e degli intermediari nelle locazioni brevi può leggere questo mio approfondimento.

Quanto sopra si scontra, però, con il modello di business di questi portali, su tutti Airbnb, che devono il proprio successo proprio alla semplicità di utilizzo: il portale di fatto è convinto che, sostituendosi allo Stato nella riscossione delle imposte, perderebbe una buona parte della propria clientela. Per questo motivo si è opposto a questo obbligo non solo non adempiendovi, ma anche impugnando la normativa italiana aprendo un contenzioso che è transitato dal TAR, dal Consiglio di Stato e dalla Corte di Giustizia UE (la quale nel dicembre 2022 ha dato ragione allo Stato Italiano, obbligando Airbnb ad adeguarsi).

Quali conseguenze comporterà l’inasprimento sulla questione (non solo il sequestro ai danni di Airbnb: infatti la prossima legge di bilancio aumenterà dal 21% al 26% la tassazione sugli affitti brevi) ?

Innanzitutto il sequestro ai danni di Airbnb ha avuto sicuramente un forte clamore mediatico, ma probabilmente avrà un difficile riscontro pratico: non solo Airbnb non ha alcun bene aggredibile in Italia, ma il fatto che non abbia applicato e trattenuto la ritenuta d’acconto del 21% in tutti questi anni non significa automaticamente che questi importi siano davvero oggetto di evasione fiscale: l’imposta sugli affitti percepiti, infatti, non è dovuta da Airbnb bensì da chi concede in affitto i locali ed Aibnb ha solo l’obbligo di trattenerla dai canoni di locazione dei quali gestisce l’incasso e il pagamento, ma il fatto è che non avendola trattenuta ai locatori, di fatto Airbnb non si è indebitamente arricchita: semmai lo hanno fatto i locatori nel momento in cui non dovessero aver dichiarato e versato le imposte dovute.

Anche questa vicenda pone però in evidenza le difficoltà del fisco non solo nell’adeguarsi a realtà e business nuovi (in generale le difficoltà ad adeguarsi ai business su internet) ma soprattutto le sue difficoltà nel regolamentare le attività economiche senza porsi in contrapposizione alle stesse: è atavica e forse congenita nel sistema fiscale la modalità operativa di introduzione di obblighi burocratici, dichiarativi, di continue e nuove scadenze di versamenti di imposte che di fatto non possono essere altro che un freno a qualsiasi attività economica. Ciò ovviamente non significa che lo Stato italiano debba deregolamentare e liberalizzare senza alcun vincolo tutte le attività economiche, soprattutto quando sono in gioco gli interessi anche di settori attigui (gli albergatori su tutti) ma il concetto è sempre la stessa: la capacità di adeguarsi al cambiamento è la migliore forma di sopravvivenza.

Giulio Benedetti – Studio Benedetti Dottori Commercialisti – www.studiobenedetti.euwww.travelfocus.it

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