Il commento del direttore
Remo Vangelista
Il fallimento di Thomas Cook è “la conseguenza di una specifica situazione finanziaria e di scelte strategiche sbagliate del Gruppo inglese”. Così Nardo Filippetti (nella foto) interviene nel dibattito sul crac del colosso britannico: una discussione che sta coinvolgendo anche il business model del turismo.
Ma il presidente di Astoi non ci sta. Filippetti, infatti, si dice convinto che la vicenda “non sia un fallimento del modello di business o del sistema del turismo organizzato, come purtroppo in questi giorni abbiamo letto”. E non è nemmeno vero, sottolinea ancora il manager, che si tratti di una crisi del modello ‘offline’; a questo proposito Filippetti aggiunge: “Possiamo citare esempi di imprese online estere che sono fallite nel recente passato”.
I numeri del comparto
“La filiera del turismo organizzato - prosegue Filippetti - è quindi caratterizzata da case history di successo, da imprese finanziariamente solide, in crescita e che, come detto, riscontrano grande apprezzamento da parte del mercato”.
A questo proposito, nella nota Astoi, il presidente dell’associazione dei tour operator cita i numeri del turismo in Italia: 10mila imprese tra agenzie di viaggi e t.o., con 50mila addetti e un volume d’affari annuo di 7,5 miliardi di euro, di cui 4 miliardi relativi alle attività di organizzazione.
“Questo spiacevole evento - aggiunge il manager - sottolinea in maniera ancora più evidente l’importanza di affidarsi a un turismo organizzato che mette a disposizione dei consumatori tutte le tutele previste dalla nuova normativa europea, non ultima quella della dotazione di una copertura per fallimento e insolvenza, protezione di cui Thomas Cook godeva attraverso il fondo britannico Atol”.
Un vincolo che, conclude Filippetti, si dimostra particolarmente importante: “Come Astoi abbiamo chiesto alle istituzioni di mettere in atto controlli effettivi – sino ad oggi di fatto assenti – volti a garantire in particolare il rispetto di quest’obbligo da parte del comparto”.