Il commento del direttore
Remo Vangelista
Mesi e mesi a parlare del futuro di Alitalia. Compagnia poi diventata Ita e ora in predicato di tornare ad essere Alitalia (parliamo del brand lasciano stare bad & good company).
Con tanti opinion leader pronti ogni giorno ad imbracciare il fucile per sparare sulla linea aerea nazionale. Accusata di aver sperperato denaro di Stato per decenni. In mezzo, progetti e piani di rilancio costretti a mutare di continuo. Tra lockdown devastanti e traffico aereo ridotto al lumicino.
Ripartirà di sicuro il vettore, con pochi aerei e personale ridotto, ma è il mercato a reclamare l’attivazione, perché servono collegamenti. Non può passare tutto attraverso la frenesia dei vettori low cost.
Alle porte dell’estate la situazione è ancora in bilico, malgrado proprio nel weekend siano giunte notizie positive dalla burocrazia europea. Siamo all’interno di una grande Comunità che non digerisce più aiuti e aiutini, spinta anche dai vari competitor che non vedono l’ora di poter entrare a casa nostra per mangiarsi slot di sicura rendita.
Ancora stamane sui vari social, Twitter prima di tutti, l’attacco alla compagnia pare forte e strutturato. Ma se non ripartiamo con Alitalia o Ita nel giro di pochi mesi sarà ancora peggio. Dovrebbe essere chiaro e noto a tutti.
Perché con un presidente del Consiglio come Mario Draghi appare impensabile rinunciare a un vettore nazionale. Poi nel giro di poco tempo arriverà anche un accordo con qualche alleanza internazionale e big del mercato.
Il destino è ormai segnato. Alitalia finirà nella pancia di qualche balena, ma la politica non può e non vuole lasciarla scappare via proprio adesso.