Il commento del direttore
Remo Vangelista
Adesso la parola che ritorna più spesso nelle analisi del trasporto aereo è ‘incubo’, che nella sua accezione anglosassone, ‘nightmare’, forse rende ancora meglio. Compagnie e aeroporti sembrano al momento di fronte a un vicolo cieco e dal World Aviation Festival è arrivato un nuovo e più pressante grido d’allarme. Perché se non vengono presi provvedimenti urgenti a livello globale nel comparto rischiano di rimanere in pochi, con conseguenze sulle economie definite devastanti.
Numeri da paura
La premessa parte dall’ultimo studio realizzato dalla Iata e presentato da Thierry Stucker, Iata payment programme director: nella sostanza in media le compagnie aeree hanno di fronte a sé poco più di sei mesi di sopravvivenza come riserve di cassa. E se i vettori che sono messi meglio possono arrivare fino a 18 mesi, per altri l’orizzonte non va oltre un mese. Una situazione drammatica anche in considerazione del fatto che in questo ‘conteggio’ sono stati inseriti gli oltre 160 miliardi di dollari che a livello mondiale sono arrivati dai Governi per salvare il salvabile. Niente, però, in confronto ai circa 400 miliardi che, sempre secondo l’analisi Iata, i vettori sono destinati a bruciare a causa dell’emergenza.
Misure urgenti
Ecco allora che è stato ancora una volta ribadita la priorità numero uno indicata proprio ieri dalla stessa Iata: accelerare il più possibile lo strumento dei test covid in aeroporto prima della partenza come strumento alternativo e sostitutivo a quello della quarantena. Solo così potrà partire l’operazione per riconquistare la fiducia dei clienti e avviare il motore della ripresa.