Il commento del direttore
Remo Vangelista
Le destinazioni italiane non sembrano pronte alla sfida del 4.0. Solo il 36% di queste è in grado di sfruttare tutte le opportunità del web e dei social. Eppure non presidiare la rete equivale a non esistere, quando si ha a che fare con un viaggiatore sempre più connesso e georeferenziato.
A mettere a fuoco il dato è stato Roberto Di Vincenzo, presidente di Isnart, in occasione del primo appuntamento dei “Dialoghi sul Turismo” promossi da Isnart e seguiti da TTG Italia e da La Presse come media partner.
“Gli operatori turistici sono scarsamente presenti sulle piattaforme turistiche e questo è un problema perché - ha spiegato Di Vincenzo - non avere un’identità digitale significa non esistere, oggi che il passaparola conta, ma si muove attraverso strumenti come i social che hanno una capacità di diffusione molto più vasta”.
Un tema “urgente” anche a giudizio di Manuela De Carlo, professoressa ordinaria di Strategia dell’Università Iulm, perché, ha sottolineato, "studiando tanti casi internazionali vediamo che la competitività delle destinazioni si gioca sempre di più sulla capacità di utilizzare strategicamente i dati disponibili e gli strumenti di analisi”.
Ma cosa rischia chi non è in grado di sfruttare la straordinaria mole di dati oggi a disposizione? “L’utilizzo delle tecnologie di Data intelligence è uno strumento ineludibile, senza il quale - ha evidenziato Alfonso Morvillo, dirigente di ricerca del Cnr - le destinazioni sono condannate ad assumere una rilevanza marginale e a far parte di filiere turistiche controllate da altri”.