Il commento del direttore
Remo Vangelista
Il mondo delle compagnie aeree low cost non smette mai di riservare sorprese. E non stiamo parlando solo di iniziative stravaganti, come l’idea dei bagni a pagamento targata Ryanair, ma in questo caso di questioni puramente finanziarie, con conseguenti lotte intestine tra azionisti a caccia di guadagni sempre più alti in un mercato, come quello del trasporto aereo, di difficile gestione in questo momento. A parte, appunto, quello florido del low cost. Ma evidentemente non basta.
Modello in discussione?
L’ultimo caso in ordine di tempo riguarda la mamma di tutte le low cost, ovvero l’americana Southwest, più di 800 aerei, più di 20 miliardi di fatturato e diversi altri più tra cui gli utili. un’istituzione negli Stati Uniti (nonostante qualche difficoltà recente visto un disamoramento verso il low cost oltreoceano) e un modello da seguire in tutto il mondo. Eppure tra i suoi finanziatori c’è chi vorrebbe di più e ha deciso di mettersi di traverso, come sta facendo il fondo Elliott, 10% delle quote, chiedendo una nuova leadership in grado di puntare a maggiori guadagni (ovviamente con nuove ancillary).
I precedenti
Il caso Southwest, di cui le cronache del settore sono piene ormai da mesi, ricorda da vicino quanto successo a più riprese in casa easyJet, dove il fondatore e principale azionista Stelios Haji-Ioannou ha sempre osteggiato la politica della sua compagnia, numero due in Europa, chiedendo a più riprese ricambi ai vertici. Ma vanno anche ricordati, passando a Ryanair, i tentativi di fare saltare la testa di Michael O’Leary, gli sgambetti, di nuovo in terra americana, tra Frontier e JetBlue per prendersi Spirit sempre ammiccando agli azionisti e via dicendo.
Poi tutto finisce in tregua a suon di milioni. E anche Elliott al momento ha deciso di deporre le armi. Almeno finchè il low cost sarà una gallina dalle uova d’oro.