Il commento del direttore
Remo Vangelista
Sempre più emerge dalla prassi la forma di accoglienza diffusa mediante una tipologia di struttura ricettiva peculiare della realtà italiana e perfettamente adattabile ai borghi. Si tratta degli alberghi diffusi, disciplinati dalla legislazione regionale, che altro non sono che strutture ricettive caratterizzate da servizi di ricevimento e accoglienza centralizzati e di dislocazione degli altri servizi ed eventualmente delle sale comuni, ristorante, spazio vendita in particolare di prodotti tipici locali e delle camere o alloggi, in uno o più edifici separati, anche con destinazione residenziale, purché situati nel medesimo ambito definito ed omogeneo. In particolare, le strutture centrali e gli edifici adibiti a camere o alloggi possono essere di proprietà di soggetti distinti a condizione che venga garantita la gestione unitaria ricettiva.
I soggetti coinvolti
La prassi inoltre dimostra che spesso i proprietari formano una cooperativa di gestione degli immobili sviluppando direttamente l'azione di promozione dell'albergo diffuso, previa registrazione della struttura ricettiva mediante comunicazione al comune competente per territorio a mezzo SCIA.
In altri casi, sono gli stessi comuni, in quanto proprietari di unità abitative ed altri immobili extraricettivi (una spa, ad esempio) che indicono procedure specifiche ad evidenza pubblica per la concessione in gestione di immobili di proprietà comunale ad uso ricettivo per albergo diffuso.
Ancora sono gli enti del terzo settore, in particolare le associazioni culturali, sociali o ricreative, che appaiono particolarmente tagliate ad essere enti di gestione dell'albergo diffuso, coniugando l'attività ricettiva in senso stretto con l'azione di promozione e valorizzazione del territorio e del patrimonio culturale insito in esso.
I rapporti tra gestore e proprietari
Un punto giuridico particolarmente rilevante, sul quale sono emerse delle difficoltà di attuazione dell'albergo diffuso, consiste nei contratti fra l'ente gestore di quest'ultimo ed i proprietari degli immobili concedenti, di norma mediante un contratto di locazione. Spesso il canone di quest'ultimo, soprattutto in fase di avvio dell'albergo diffuso, è basato su un regime di commissione variabile secondo le effettive notti di occupazione delle unità abitative.
Ciò risulta critico allorché l'ente gestore, anche sulla base della specifica richiesta del turista, prediliga un immobile anziché un altro. Infatti, è la stessa natura di albergo diffuso che rende eterogenee le unità abitative. Vi saranno sempre in un albergo diffuso unità meglio ristrutturate (trattasi di unità residenziali) o con un posizionamento nel borgo più appetibile rispetto ad un'altra (ad esempio con una vista panoramica).
Le possibili soluzioni
Una soluzione a tale intrinseca difficoltà può essere quella di predisporre un regolamento interno per adesione da parte di tutti i concedenti l'immobile all'ente gestore, nel quale non sia preso in considerazione dai concedenti solamente il mero beneficio economico del canone di locazione bensì anche il vantaggio generale di tutta la comunità mediante la realizzazione dell'ospitalità diffusa (per es. il ristorante locale, la vendita dei prodotti tipici eno-gastronomici, la valorizzazione del borgo, ecc.).
Per realizzare ciò, il fine mutualistico della cooperativa o quello solidaristico dell'ente del terzo settore, appaiono quelli che meglio si attagliano alla realizzazione dell'albergo diffuso.
Tuttavia, soprattutto nella fase di avvio, l'ente locale avrà un ruolo di primissimo piano nella progettazione e affiancamento dell'albergo diffuso.