A cura di Paola Tournour-Viron

Divulgatrice per professione e per passione

Paesaggi in bottiglia. Tempo di scent logo da mettere in valigia

Paesaggio, questo sconosciuto. Per troppo tempo derubricato come puro oggetto da cartolina, l’“insieme dei valori inerenti il territorio, concernenti l’ambiente, l’eco-sistema ed i beni culturali” (così l’articolo 9 della nostra Costituzione definisce il paesaggio che da sempre tutela), è di questi tempi molto spesso tema di riflessione da parte filosofi, storici, artisti. E il turismo, che del paesaggio si nutre, comincia a prenderne atto.


Per tenerne traccia e memoria olfattiva, il Parco Nazionale del Gran Paradiso – il più antico d’Italia, cent’anni compiuti nel 2022 – ha intanto pensato di imbottigliarlo, complice il sopraffino olfatto di Salvina D’Angelo, Maître Parfumeur che ha condensato flora e fauna in uno scent logo dal nome eloquente. Wild è infatti il marchio della profumata sinfonia creata da Essentiàlia-The Scent Experience in cui risuonano note di violetta, bacca rosa, frutti rossi e poi nocciola, betulla, genziana, rosa, geranio e molte altre sfumature che includono l’ambra, “evocatrice – spiega D’Angelo – di un passato legato ai fossili e dunque al primordiale e alla montagna” e poi il cuoio, esplicito richiamo “agli animali e ai loro ruvidi mantelli, resistenti alle intemperie più estreme”. L’obiettivo – riepilogato anche in uno spot ad hoc - è diffondere negli ambienti “un profumo alpino e balsamico che ricorda quello del Parco, non escludendo che possa un giorno evolvere in una linea cosmetica per il corpo”.


Volo di fantasia? Niente affatto. La fragranza nasce da un progetto di ricerca durato due anni che ha coinvolto anche il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli Studi di Torino, cui è stato assegnato il compito di analizzare ben 218 specie tra piante aromatiche, officinali e fiori autoctoni adatti all’uso cosmetico. Tra queste la Maître Parfumeur ne ha individuate e imbottigliate una quindicina.


Il direttore del Parco, Bruno Bassano, tiene infatti a rimarcare la scientificità alla base dell’iniziativa nonché il meritorio scopo. “Siamo convinti – dice – che la cultura della conservazione ambientale possa e debba essere trasmessa nei modi più diversi. Con questa operazione abbiamo rivisitato la tradizione legata all’utilizzo delle piante in epoca antica, nella fitoterapia come nella cosmesi”. Si lavora, insomma, affinché il Parco diventi nel comune immaginario – perché nei fatti lo è già - un laboratorio di studio e di sensibilizzazione anziché una mera attrazione turistica. “Siamo ancora in tempo a farlo – conclude - limitando quando e dove necessario l’impatto antropico al fine di preservare la ricchezza biologica di questo patrimonio. A vantaggio di tutti”.

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